venerdì 14 giugno 2013

ONU, Falk racconta gli abusi di Israele: USA e UE lo criticano

Richard Falk, Special Rapporteur per l’organo dell’ONU che si occupa della tutela dei Diritti Civili (United Nations Human Rights Council), racconta gli abusi di Israele nei confronti delle popolazioni palestinesi. Non è la prima volta che Falk elabora un rapporto in cui non usa mezzi termini per raccontare di pulizie etniche e sregolate espansioni territoriali.
Tuttavia, ci sono degli Stati che non hanno affatto apprezzato questo tipo di raccolta di dati e testimonianze: USA, UE e lo stesso Israele criticano il giurista statunitense, reo di aver compilato un “rapporto sbilanciato”.

Richard_Falk

Chi è Richard Falk?
È un giurista statunitense, professore emerito di Diritto Internazionale alla Princeton University. Fin dall’inizio degli studi, in giovane età (è nato nel 1930), ha sempre manifestato un certo livello di attivismo in ambito di tutela di diritti civili in ambito internazionale. Durante la sua carriera universitaria ha mostrato simpatie nei confronti di alcuni intellettuali comunisti e ha fatto parte di alcuni gruppi di sinistra.
Dopo una trentennale carriera di insegnamento universitario, ha iniziato a occuparsi, a tempo pieno, di ricerca e direzione di alcuni progetti che studiano il livello di tutela dei diritti umani in giro per il mondo: uno dei tanti è il progetto “Global Climate Change, Human Security and Democracy”.
Richard Falk è di religione ebrea e non è il tipico analista americano: fu uno dei più ferventi critici della legalità della Guerra in Vietnam. Già 70enne, attaccò la politica di aggressione degli USA nei confronti dell’Iraq, classificando l’attacco del 2003 come “guerra di aggressione”.
Nel 2001, ha fatto parte della Commissione per i territori palestinesi dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU. Assieme a John Dougard stilò un rapporto in cui si ponevano due domande principali: quali fossero le condizione di occupazione della Palestina e i conseguenti diritti di resistenza da parte della popolazione occupata; e quale fosse il livello di protezione e tutela delle popolazioni dei territori occupati da parte del regime israeliano. Già all’epoca, le reazioni furono pessime da parte delle autorità statali direttamente coinvolte e dai consueti USA. Israele sottolineò il fatto che uno studioso che riteneva “gli assalti bombaroli suicidi un mezzo di attuazione della resistenza” e accusava Israele di provare a imporre la sicurezza tramite “terrorismo di stato” non potesse essere affidabile. Lo Stato di Israele negò l’accesso ai territori a Falk, fino alla conferenza del 2008 del Consiglio per Diritti Umani.
Nel 2008, proprio il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU gli ha affidato il mandato di Special Rapporteur per analizzare la “situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967″. Già durante la procedura di elezione, avvenuta per consenso, si videro alcuni schieramenti forzati da gruppi di pressione esterni: alcuni gruppi filo-israeliani (e non semplicemente “ebraici”, come alcune fonti riportano, in quanto lo stesso Falk è ebreo e la logica non tornerebbe poi così tanto) spinsero il Canada a sostenere che non era una candidatura appoggiata, ma alla quale, semplicemente, non si opponevano.
Dal 2008, Falk ha dimostrato di non avere peli sulla lingua, sia nel momento in cui ha dovuto sostenere delle battaglie per ottenere dei permessi per visitare direttamente i territori da “studiare”, sia quando ha dovuto subire attacchi mediatici e non solo da parte di Israele e Stati Uniti.
Nel 2009 mostrò grande astuzia quando, accusato di parzialità di analisi, chiese la costituzione di due gruppi che studiassero i crimini di guerra delle due diverse parti in conflitto in Palestina. All’epoca si mosse la Gran Bretagna, che sottolineò la già grande credibilità dei report compilati, nonché il dovere dello Special Rapporteur di studiare, imparzialmente, la situazione nei territori presi in analisi. Il tutto fu una sorta di conferma dell’operato fino ad allora portato avanti.
Forte della conferma dell’imparzialità dell’anno precedente, nel 2010 ha affermato che Israele pratica un regime di apartheid nel territorio palestinese. Nel 2011 ha rilanciato le accuse, chiedendo al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU di chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di porre sotto inchiesta Israele per atti di apartheid, colonialismo, pulizia etnica e altri reati in contrasto con il diritto internazionale”.

Nel 2013
Il 9 giugno, Richard Falk ha presentato il suo nuovo rapporto, dove indica che gli arresti operati da Israele sono parte di un progetto di punizione collettiva nei confronti della popolazione palestinese: “Il modo in cui sono trattati migliaia di palestinesi detenuti è inquietante”. Falk parla di circa 750mila detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, fin da momento dell’occupazione, trattati in modo non conforme al diritto internazionale. Falk parla di “torture e trattamenti inumani”.
Lo Special Rapporteur parla anche della situazione dei palestinesi che non sono imprigionati in un carcere convenzionale (usare la parola “liberi” sarebbe decisamente eccessivo): “Il 70% della popolazione sopravvive grazie agli aiuti internazionali. Il 90% dell’acqua del territorio non è utilizzabile e l’utilizzo non sarebbe, comunque, libero. Sono necessari cambiamenti drastici e urgenti si vogliamo che i palestinesi vedano riconosciuti i diritti fondamentali”.
Falk accusa UN Watch (un altro organo dell’ONU) di non operare analisi imparziali riguardo i territori palestinesi, poiché controllato da funzionari pro-Israele e oggetto di pressione di gruppi esterni indirizzati nello stesso modo.
Unione Europea e Stati Uniti criticano il metodo, perché non hanno lo spazio per poter criticare (o addirittura negare) il contenuto: le accuse nei confronti di Israele non sarebbero “bilanciate” da altrettante nei confronti dei palestinesi. Questo, secondo quanto esposto da UE e USA vorrebbe dire “sbilanciato”.
Alcuni gruppi filo-Israeliani, invece, hanno chiesto, nuovamente, le dimissioni di Falk, ricordando come, nel 2008, a breve distanza dall’incarico di Special Rapporteur, sottolinerò che gli atti messi in pratica dallo Stato di Israele nei confronti dei palestinesi erano simili a quelli operati dal regime nazista nei confronti degli ebrei prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.

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