martedì 30 luglio 2013

Decreto Lavoro, M5S: niente Irap per chi assume 5 disoccupati. No di Pd e Pdl...

Il senatore grillino Sergio Puglia ha presentato un emendamento al dl Giovannini per favorire l'ingresso in azienda di giovani tra i 18 e i 29 anni da sei messi senza occupazione. Le altre forze politiche hanno bocciato il testo. Stessa sorte per la proposta di far tornare l'art.18 alle garanzie pre riforma Fornero e il tentativo di estendere le agevolazioni per l'occupazione anche ai neolaureati.

Un emendamento per favorire l’assunzione dei giovani senza lavoro, bocciato da Partito democratico, Popolo della libertà e Scelta civica. Il Movimento 5 Stelle in Senato ha proposto una modifica al decreto sul lavoro per favorire l’entrata nelle aziende dei disoccupati tra i 18 e i 29 anni che non ha trovato però l’appoggio delle altre parti politiche.
 La modifica numero 1219 del gruppo grillino a Palazzo Madama prevedeva: l’esenzione dal pagamento dell’Irap “per i datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, cinque lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni: siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi; siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale; vivano soli con una o più persone a carico.
Il datore di lavoro è esentato dall’Irap per ciascuno degli anni di imposta in cui gli incrementi occupazionali raggiunti con la quinta assunzione vengono mantenuti”.
L’incentivo sarebbe durato per cinque anni e non avrebbe potuto superare i 650 euro per lavoratore assunto. Per coprire l’emendamento, i 5 Stelle proponevano un aumento dal 26% al 27% della tassazione sulle rendite da capitale per i grandi patrimoni.

La bocciatura dell’emendamento ha scatenato molte polemiche. Così Sergio Puglia, senatore della Campania e primo firmatario dell’emendamento ha commentato: “Il Pdl si riempie la bocca tutti i giorni di tutela delle nostre imprese e defiscalizzazione per chi assume giovani senza lavoro. Li abbiamo messi alla prova. Bene, anzi malissimo: a parte 2-3 dissidenti dal gruppo Pdl, tutto il partito berlusconiano, Pd e montiani hanno bocciato il nostro emendamento”. Un rifiuto che, secondo il senatore a 5 Stelle, sarebbe un segno di disinteresse verso il miglioramento delle condizioni di lavoro per gli altri partiti: “Il risultato delle votazioni parla chiaro a favore dell’emendamento del M5S hanno votato solo 64 senatori, 200 i contrari”.

Non è il solo emendamento bocciato. A modifica del decreto sul lavoro, il Movimento 5 Stelle in Senato ha infatti proposto altre modifiche. Innazitutto il “ripristino delle garanzie previste dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori precedente alla legge Fornero“. Sara Paglini, segretario della Commissione lavoro ha commentato: “La demagogia del Partito Democratico tradisce di nuovo i lavoratori italiani”.  A favore dell’emendamento del Movimento 5 Stelle ha votato solo Sel. Si sono schierati contro le senatrici ed i senatori di Pd, Pdl, Scelta Civica e Lega. “Questa è la coerenza del Pd”, ha continuato Paglini, “Per mesi hanno parlato di articolo 18, raccolto firme ed oggi in aula non hanno avuto il coraggio di sostenere l’emendamento. In democrazia contano i fatti, non le parole e le promesse”.

Altro punto contestato riguardava l’estensione delle agevolazioni per le assunzioni previste dal decreto lavoro anche ai “laureati disoccupati da più di tre mesi“. L’emendamento è stato bocciato ancora una volta dalle altre parti politiche. “Il testo del Governo” – ha commentato Elisa Bulgarelli, senatrice M5S – “favorisce in maniera incomprensibile solo quelle persone in cerca di occupazione che siano prive di un titolo di studio superiore. Che senso ha? Che discriminazione è mai questa? I contributi non sono molto alti, ma non c’è alcuna ragione per supporre che non possano essere molto comodi anche per assumere un laureato. Adesso voglio vedere i nostri governanti venirci a parlare di ‘aiuto all’occupazione’”.

 

Metodo Stamina, da giorni i malati protestano davanti a Montecitorio. E la televisione di Stato TACE!!!!

Una decina di disabili gravi chiedono di poter essere sottoposti alle infusioni a base di staminali. Biviano: "Lo Stato condanna a morte migliaia di persone"
Roma – Da martedì scorso una decina di disabili gravi ha deciso di stazionare davanti a Montecitorio, per protestare contro l’impossibilità di accedere alla sperimentazione clinica del metodo Stamina. Si sono incatenati, con le loro sedie a rotelle e sono rimasti davanti alla Camera, in attesa della promessa di poter tentare le infusioni a base di staminali mesenchimali che propone Vannoni.

Hanno sopportato il caldo torrido di questi giorni e non hanno nessuna intenzione di andarsene, hanno anche tentato di fare irruzione nel palazzo del Governo. Insieme a loro anche Pietro Crisafulli, vicepresidente del Movimento Vite Sospese che racconta: “A me e ad un altro membro del Movimento è stato chiesto il documento di identità dalle forze dell’ordine presenti. Noi lo abbiamo fornito ma non ce l’hanno più restituito. Forse vogliono arrestarci. Ci hanno chiesto di far smettere la protesta, ma questo non dipende da noi. I malati sono stati chiari, non smetteranno di manifestare fino a quando non avranno l’accesso alle cure”.

“Io da qui non me ne vado senza aver raggiunto il risultato di poter curare me stesso e i miei fratelli.- sono le parole di Sandro Biviano, malato di Sla come suo fratello -  Sono disposto a morire qui, davanti al palazzo che rappresenta uno Stato che condanna a morte migliaia di persone”.

I pazienti chiedono un decreto legge urgente che permetta di accedere al metodo Stamina anche ai pazienti che ne sono stati esclusi. Il Ministro Lorenzin era stata chiara: il metodo Stamina non è una cura, prima degli esiti della sperimentazione le infusioni non devono essere autorizzate.
La sperimentazione però non è ancora stata avviata, perchè Vannoni non ha ancora consegnato all'ISS la documentazione necessaria.  Il 1 agosto dovrebbero essere depositati i protocolli. Solo allora potrà essere eventualmente avviata la fase I della sperimentazione, volta a determinare la non pericolosità delle infusioni. Successivamente dovranno essere avviate le fasi II e III, solo alla fine della terza fase la terapia, se di efficacia confermata, potrà essere resa disponibile su larga scala.

martedì 23 luglio 2013

Fausto Bertinotti scrive a Napolitano: Stai sospendendo la democrazia...

Oggi il Corriere della Sera ospita, a pagina 13, una durissima lettera di Fausto Bertinotti al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una missiva nella quale l'ex presidente della Camera accusa il Capo dello Stato di congelare la democrazia con il suo appoggio esplicito all'attuale esecutivo. Una lettera scandita da una serie di perentori "Lei non può"
Signor Presidente,

Lei non può. Lei non può congelare d'autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto. come se fosse l'unica possibile, come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica.

Lei non può, perché altrimenti la democrazia verrebbe sospesa. Lei no può trasformare una Sua, e di altri , previsione sui processi economici in un impedimento alla libera dialettica democratica. I processi economici, in democrazia, dovrebbero poter essere influenzati dalla politica, dunque, dovrebbero essere variabili dipendenti, non indipendenti. Lei non può, perché altrimenti la democrazia sarebbe sospesa. Sia che si sostenga che viviamo in regimi pienamente democratici, sia che si sostenga, come fa ormai tanta parte della letteratura politica, che siamo entrati in Europa, in un tempo post-democratico, quello della rivincita delle élites, Lei non può. Nel primo caso, perché l'impedimento sarebbe lesivo di uno dei cardini della democrazia rappresentativa cioè della possibilità, in ogni momento, di dare vita ad un'alternativa di governo, in caso di crisi, anche con il ricorso al voto popolare. Nel secondo caso, che a me pare quello dell'attuale realtà europea, perché rappresenterebbe un potente consolidamento del regime a-democratico in corso di costruzione. C'è nella realtà politico istituzionale del paese una schizofrenia pericolosa: da un lato si cantano le lodi della Costituzione Repubblicana, dall'altro, essa viene divorata ogni giorno dalla costituzione materiale. La prima, come lei mi insegna, innalza il Parlamento ad un ruolo centrale nella nostra democrazia rappresentativa, la seconda assolutizza la governabilità fino  a renderlo da essa dipendente. Quando gli chiede di sostenere il governo perché la sua caduta porterebbe a danni irreparabili, Ella contribuisce della costruzione dell'edificio oligarchico promosso da questa costituzione materiale. Nel regime democratico ogni previsione politica è opinabile perché parte essa stessa di un progetto e di un programma che sono necessariamente di parte; lo stesso presunto interesse generale non si sottrae dalla diversità delle sue possibili interpretazioni. Ma, se mi permette, Signor Presidente c'è una ragione assai più grande per cui Lei non può.

La nostra costituzione è, come sappiamo, una costituzione programmatica. Norberto Bobbio diceva che in essa la democrazia è inseparabile dall'eguaglianza come testionia il suo articolo 3. Ma essa, rifiutando un'opzione finalistica nella definizione della società futura, risulta aperta a modelli economico sociali diversi e a quelli dove sarà condotta da quella che Dossetti chiamava la democrazia integrale e Togliatti la democrazia progressiva.

Quando Lei allude ai possibili danni irreparabili per il paese, lo può fare solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell'Europa leali, le politiche di austerità. Ha poca importanza, nell'economia di questo ragionamento, la mia radicale avversione a queste politiche che considero concausa del massacro sociale in atto.

Quel che vorrei proporLe è che  nella politica e in democrazia si possa manifestare un'altra e diversa idea di società rispetto a quella in atto e che la Costituzione Repubblicana garantisce che essa possa essere praticata e perseguita. Il capitalismo finanziario globale non può essere imposto come naturale, né la messa in discussione del suo paradigma può essere impedito in democrazia, quali che siano i passaggi di crisi e di instabilità a cui essa possa dar luogo. O le rivoluzioni democratiche possono essere possibili solo altrove? No, la carta fondamentale garantisce che, nel rispetto della democrazie e nel rifiuto della violenza, possa essere intrapresa anche da noi. C'è già un vincolo esterno, quello dell'Europa leale, che limita la nostra sovranità, non può esserci anche un vincolo esterno anche alla politica costituita dall'autorità del Presidente della Repubblica. Lei non può, signor Presidente. Mi sono permesso di indirizzarLe questa lettera aperta perché so che la lunga consuetudine e l'affettuoso rispetto che ho sempre nutrito per la Sua persona mi mettono al riparo da qualsiasi malevola intepretazione e la mia attuale lontananza dai luoghi della decisione politica non consentono di pensare ad una qualche strumentalità. È, la mia, soltanto, l'invocazione di un cittadino, anche se ho ragione di ritenere che essa non sia unica.

Mi creda, con tutta cordialità.

Fausto Bertinotti.

giovedì 18 luglio 2013

Uruguay: no al tabacco, sì alla canapa

L’Uruguay riafferma la sua lotta antitabacco e sfida la multinazionale statunitense Philip Morris. Il Paese sudamericano ha infatti accettato senza patemi la decisione del Banco Mondiale che le ha imposto un arbitrato internazionale per risolvere il contenzioso aperto con il colosso del tabacco Usa che lo accusa di aver danneggiato i suoi affari con le ultime, rigide, misure contro il fumo. La decisione del Centro Internazionale per il Regolamento delle Controversie relative ad Investimenti (CIADI), organo alle dipendenze del Banco Mondiale, era ampiamente attesa da entrambe le parti in causa e apre l’opportunità di un leading case, un caso emblematico a livello mondiale che potrebbe elevare l’Uruguay a simbolo della lotta antitabacco.
«È l’occasione giusta per creare un precedente sul tema, considerando che non esiste giurisprudenza in merito» ha dichiarato all’Agenzia France Press, poche ore dopo la diffusione della notizia, l’ex Ministro degli Esteri uruguayano Didier Opertti.

Philip Morris aveva presentato la sua denuncia formale nel 2010 reclamando, in particolare, i danni economici ricevuti dall’estensione fino al 80% della superficie dei pacchetti delle immagini sui danni potenziali del fumo. Secondo la multinazionale, la normativa avrebbe così violato parte del Trattato Bilaterale di investimento tra Uruguay e Svizzera, Paese in cui attualmente ha sede legale la compagnia. Il nodo, quindi, ruota principalmente attorno alla decisione che adotterà il CIADI, che dovrà decidere se inclinarsi verso l’applicazione del convegno bilaterale, come vorrebbe la Philip Morris, o della convenzione universale, che privilegia la salvaguardia della salute. In questo senso potrebbero entrare in gioco le cosiddette ’figure di diritto internazionale’, ovvero quelle norme che vanno aldilà della volontà dei singoli Stati e non possono essere ignorate o modificate, come la salute, appunto.

Ed è stato proprio su quel tasto che è andata a battere anche la Ministro della Salute, Susana Muñiz, affermando in numerose interviste che «nessuna politica di diritto commerciale può essere posta al di sopra di una politica dei diritti umani». Un principio che sicuramente è molto chiaro anche alla stessa Philip Morris, che con la sua richiesta di arbitrato internazionale sta cercando di evitare che il precedente venga esportato in altri Paesi e lo fa denunciando il trattamento ricevuto in Uruguay come una negazione dei propri diritti. Secondo la portavoce della compagnia, Julie Soderlund, la decisione del CIADI di dirimere la questione «obbligherà il Paese sudamericano ad assumersi le sue responsabilità, che aveva cercato di evitare fino ad ora».

Ma dire che Montevideo abbia cercato di sottrarsi alle sue responsabilità appare, conoscendo la storia civile del Paese, quantomeno azzardato. La crociata contro il tabacco era cominciata nel 2006 con un decreto dell’allora Presidente Tabaré Vázquez che proibiva il fumo in tutti i luoghi pubblici chiusi del Paese. Era il primo caso in America latina e il quinto nel mondo. Da allora, le misure adottate dall’esecutivo sul tema, sono aumentate costantemente, anche dopo la fine del mandato di Vázquez. Da quel solco, infatti, si è arrivati all’ultima proposta di legge, presentata dall’attuale Governo di José (‘Pepe’) Mujica, che proibisce totalmente la pubblicità, la promozione e il patrocinio dei prodotti di tabacco. Una linea riconosciuta e applaudita negli ultimi anni anche dall’Organizzazione Panamericana della Salute (OPS), che lo scorso maggio aveva esortato gli altri Paesi della regione a seguire l’esempio.

Un altro tema strettamente correlato a quello del tabacco, intanto, è tornato al centro del dibattito pubblico uruguayano; si tratta della proposta di legge con cui l’esecutivo vuole legalizzare la coltivazione e la vendita di marijuana. La commissione parlamentare che studiava il caso, infatti, ha dato il via libera al progetto di legge, che verrà ora presentato alla Camera dei Deputati dove, secondo gli analisti, ha i numeri per l’approvazione definitiva. «Visti gli accordi tra le forze politiche credo di poter dire che abbiamo i voti per l’approvazione definitiva della legge» ha dichiarato alla televisione locale il Deputato socialista Julio Bango, confermando che l’idea della coalizione di governo è di presentare la proposta al senato a fine agosto o a inizio settembre.
Se la legge dovesse essere ratificata, nel Paese si potranno vendere fino a 30 grammi di marijuana attraverso degli speciali club privati. Un privilegio riservato a tutti coloro che si iscriveranno ad una apposita lista di consumatori ma non valido per gli stranieri, che potrebbero creare un vero e proprio narcoturismo.

Sulla questione era intervenuta pubblicamente, alcuni mesi fa, anche la first lady e Senatrice di sinistra Lucia Topolansky, che aveva sottolineato l’alto valore della misura nella lotta al narcotraffico. «Conosciamo bene il dramma che vive il Messico» aveva detto la Topolansky «e non vogliamo lo stesso scenario per il nostro paese». Come nel caso delle controversia con Philip Morris, insomma, l’Uruguay sceglie la strada della difesa dei diritti umani. Nella questione della Cannabis, in particolare, il Paese segue le positive esperienze europee di Spagna, Portogallo e soprattutto Olanda. Del resto, come dichiarato dallo stesso Mujica in una recente intervista, la cannabis «merita più rispetto e una conoscenza più approfondita». Perché «quello che mi spaventa», come continua a ripetere pubblicamente il Presidente, «è il narcotraffico, non la droga».

venerdì 12 luglio 2013

Il Colpo di Stato Permanente

Caso Kazakistan, il governo annulla l’espulsione della moglie del dissidente

L'esecutivo di Letta "autoassolve" tutti i ministri, ma revoca il provvedimento che ha colpito i familiari di Ablyazov, nemico giurato del dittatore Nazarbayev. "Gravissima la mancata informativa", affidata al Capo della polizia un'indagine interna. "La signora può tornare", dice palazzo Chigi, ma al momento è ai domiciliari ad Almaty. L'ambasciatore kazako: "Procedura regolare e la signora sta benissimo". Sel e M5s: "Alfano si dimetta"

Caso Kazakistan, il governo annulla l’espulsione della moglie del dissidente

L’Italia ha revocato l’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov che era stata rispedita in patria con la figlia di sei anni nel maggio scorso, con un’operazione che negli ultimi giorni ha sollevato polemiche e un’inchiesta interna del Viminale. La signora può rientrare in Italia, informa una nota di palazzo Chigi, che sottolinea come l’esecutivo sia stato tenuto all’oscuro di tutto, compreso “il ministro dell’Interno”, cioè Angelino Alfano, indicato invece nei giorni scorsi come uno dei registi dell’operazione. Governo assolto, insomma, e la promessa di un’inchiesta interna al Viminale sui funzionari della Questura di Roma protagonisti della vicenda. Ma mentre già emergono i primi buchi nella versione dei fatti diramata da Palazzo Chigi, scoppia il caso politico. Con le opposizioni – M5S e Sel in particolare – che chiedono comunque la testa di Alfano. E il centrodestra che fa quadrato intorno al segretario del Pdl. Resta comunque il fatto che nel giro di un mese si è passati dal “tutto regolare” del (male informato) ministro Cancellieri alla clamorosa e improvvisa retromarcia.
Al momento, comunque, la consorte del principale oppositore del dittatore Nazarbayev si trova in patria agli arresti domiciliari. ”A seguito della revoca del provvedimento di espulsione, che verrà immediatamente resa nota alle autorità kazake attraverso i canali diplomatici, la signora Alma Shalabayeva potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione”, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi. Il governo, prosegue la nota, “colti i profili diprotezione internazionale che il caso ha sollevato, si è immediatamente attivato per verificare le condizioni di soggiorno in Kazakistan della signora e della figlia”. Il governo affida inoltre al Capo della polizia, Alessandro Pansa, un’indagine sullo svolgimento della procedura di espulsione, gestita dalla Questura di Roma. La donna e la figlia Alua, di sei anni, sono state caricate su un’aereo noleggiato dall’ambasciata kazaka il 31 maggio a Ciampino: una procedura lampo risolta in tre giorni, condotta da una cinquantina di agenti della Digos e della Squadra mobile di Roma, in base a informazioni fornite dall’Ufficio stranieri.

L’AMBASCIATORE KAZAKO: “TUTTO REGOLARE, LA SIGNORA STA BENE”. I legali della signora Shalabayeva accolgono naturalmente con favore “il ripristino dei diritti violati“. L’avvocato Riccardo Olivo chiede ora che la signora Shalabayeva ritorni il più presto in Italia ed auspico che il governo kazako dia corso alla richiesta del nostro governo”. Mentre Andrian Yelemessov, ambasciatore del Kazakistan in Italia, afferma di non aver “ricevuto alcuna richiesta da parte italiana” e a buon conto conferma, da parte sua, la “correttezza delle procedure che hanno portato all’espulsione”. Ogni giorno, aggiunge, “ci sono sciocchezze sui giornali su questo caso. L’espulsione è stata corretta. La signora Alma e la figlia sono ad Almaty dai genitori della donna e stanno benissimo. Si può verificare”. La Farnsina, per contro, fa sapere per vie informali di aver già contattato il diplomatico.

GOVERNO ASSOLTO, INDAGINE AL VIMINALE. L’improvvisa decisione del governo fa riferimento al recente intervento alla Camera del premier Enrico Letta, durante la question time: dall’indagine disposta “risulta inequivocabilmente che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate ai vertici del governo: né al Presidente del Consiglio, né al Ministro dell’interno e neanche al Ministro degli affari esteri o al Ministro della giustizia”. Governo assolto in toto, dunque, compreso il ministro dell’Interno Angelino Alfano, indicato nei giorni scorsi come una sorta di dominus dell’operazione, e finora rimasto silente. Nell’indagine interna già avviata su input di Letta sono stati già sentiti i funzionari della Questura di Roma direttamente coinvolti nell’operazione: i responsabili dell’Ufficio Stranieri, Maurizio Improta, della Digos, Lamberto Giannini, e della Squadra mobile, Renato Cortese. I quali avrebbero riferit di aver agito in piena autonomia, senza ordini superiori.
“La regolarità formale del procedimento e la sua base legale sono state accertate e convalidate da quattro distinti provvedimenti di autorità giudiziarie di Roma (Procura della Repubblica del Tribunale dei minorenni il 30 maggio, Giudice di Pace il 31 maggio, Procura della Repubblica presso il Tribunale e Procura della Repubblica per i minorenni il 31 maggio)”, sostiene Palazzo Chigi. “A questi provvedimenti è da aggiungere l’indagine avviata dalla Procura di Roma nei confronti della signora Alma Shalabayeva, al cui ambito appartiene il provvedimento di dissequestro del giudice del riesame concernente il denaro e la memory card sequestrati alla signora”.
Resta comunque, sottolinea il comunicato, “grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari”, si legge nel comunicato. E proprio questo aspetto “sarà oggetto di apposita indagine affidata dal Ministro dell’interno al Capo della Polizia, al fine di accertare responsabilità connesse alla mancata informativa”.

“SONO EMERSI DOCUMENTI NUOVI”. Il governo pare ammettere anche alcuni retroscena sollevati da ilfattoquotidiano.it in merito a carte mancanti nel fascicolo dell’espulsione. “All’esito della presentazione del ricorso avverso tale provvedimento, sono stati acquisiti in giudizio e conseguentemente dalla pubblica autorità italiana, documenti, sconosciuti all’atto dell’espulsione, dai quali sono emersi nuovi elementi di fatto e di diritto che, unitariamente considerati, hanno consentito di riesaminare i presupposti alla base del provvedimento di espulsione pur convalidato dall’autorità giudiziaria”. Nuove carte che “consentono ora, e anzi impongono, una rivalutazione dei relativi presupposti”.

SEL E M5S: “ALFANO SI DIMETTA”. La versione di Letta non accontenta l’opposizione. Come già aveva fatto il Movimento Cinque Stelle questa mattina, il leader di Sel Nichi Vendola chiede le dimissioni del ministro Alfano e annuncia una mozione di sfiducia. La nota di Palazzo Chigi, “che riconosce gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato, in qualunque altro Paese civile, si sarebbe conclusa in ben altro modo: con le dimissioni del ministro dell’Interno. Non ci si può ipocritamente lavare la coscienza con due parolette. Aspettiamo ora dal titolare del Viminale il passo conseguente”. Mentre il deputato Claudio Fava parla di una “extraordinary rendition” la cui responsabilità ricade comunque sul ministro dell’Interno: “Se Alfano sapeva dovrà spiegare in nome e per conto di chi sono stati disposti l’arresto e la consegna della signora Shalabayeva alle autorità kazake, contravvenendo precise norme di legge e di diritto internazionale. Ancor peggio se nulla il ministro ha saputo: sarebbe la prova di una sua inaudita inadeguatezza politica”.
Gli stessi Cinque Stelle tornano alla carica con il senatore Mario Giarrusso: “Alfano o è complice di quanto accaduto o, come ha detto lui, è un incompetente che non sa cosa stava succedendo al ministero degli Interni. E’ una cosa gravissima. In ogni caso, in un momento così grave della nostra storia, non possiamo avere un ministro che ha acconsentito che una donna innocente ed una bambina venissero deportate in una dittatura. Non è possibile che vi sia un ministro non in grado di capire cosa succede nel suo dicastero”. Giarrusso sottolinea che “Alfano si è sottratto alle sue responsabilità non venendo a riferire in Parlamento su questa vicenda”, come gli era stato chiesto da più parti. Incombenza assunta poi dal presidente del consiglio Letta nela question time che ha condotto all’epilogo (momentaneo) della vicenda.

CASINI E FINOCCHIARO: “INCHIESTA ANCHE AL SENATO”. Anche il Senato “ha deciso di approfondire, non appena sarà conclusa l’indagine preannunciata dal presidente del Consiglio Letta, le modalità e la dinamica complessiva di un episodio che ha contorni inquietanti”, scrivono in una nota congiunta Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali, e Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato. “È giusto fare pulizia ma soprattutto trasparenza, perché la vicenda non potrà concludersi scaricando responsabilità di comodo sugli ultimi anelli della catena di comando”.
Sul fronte del centrodestra, tra i primi a reagire c’è proprio il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani, anche lui indicato da indiscrezioni come parte in causa nella vicenda. “La sinistra di Vendola e il Movimento 5Stelle non sbraitino e non strumentalizzino”, replica. “Il ministro Alfano, il presidente Letta e gli altri ministri non hanno alcuna responsabilità né politica né tantomeno operativa. Lo dimostra l’esito dell’indagine interna subito disposta e che ha chiarito la vicenda”. Il senatore Pdl Giuseppe Esposito, vicepresidente del Copasir, assicura all’Adnkronos che “rimane ferma l’esclusione dei Servizi segreti da questa vicenda, come ha assicurato il direttore del Dis, Giampiero Massolo, in una lettera inviata al Copasir”. Il fatto che l’Aisi non sapesse nulla è confermato anche dal presidente del Copasir, Giacomo Stucchi (Lega). Tutto il Pdl, ad ogni modo, fa quadrato intorno al ministro degli Interni: serve la verità, dice Daniele Capezzone, ma “è improprio e ingiusto è alimentare una campagna propagandistica e faziosa contro il ministro Alfano”. Renato Brunetta parla di accuse inaccettabili nei confronti del titolare del Viminale, mentre secondo Mariastella Gelmini è “ignobile sfruttare la vicenda”.

Casta, altra beffa: addio al taglio degli stipendi per i dipendenti della Camera

Casta, altra beffa: addio al taglio degli stipendi per i dipendenti della Camera

La presidente della Camera Laura Boldrini aveva promesso, pochi giorni dopo essere stata eletta, di ridurre gli stipendi dei dipendenti interni: "Chiederemo sacrifici anche ai dipendenti, perché qui ci sono stipendi molto alti, faremo tutto con la collaborazione dei sindacati", disse.
Le cose, come racconta L'Espresso, sono andate in modo diverso da quanto auspicato.
Stipendi "importanti", a esempio stenografi da 259 mila euro l'anno e commessi da 8.000 netti al mese.  La proposta formulata ieri non è certo quella che si aspettavano tutti gli osseratori: tagli complessivi del tre per cento e tutti in pensione prima, perché ogni anno i lavoratori della Camera hanno diritto a tantissime ferie e così le smaltiscono.
Il percorso è iniziato ieri con l'incontro fra i sindacati del personale e Marina Sereni, vicepresidente di Montecitorio, che ha in delega il dossier sulla riduzione dei costi. La Sereni ha detto che vi è senz'altro la "necessità di riformare secondo principi di maggior rigore finanziario un sistema retributivo che appare, nei difficili tempi che stiamo vivendo, ormai non più integralmente (sic) difendibile".
I dipendenti godono di indennità numerose, da quelle "di funzione" fino alle oscure "indennità contrattuali", ma anche "di rischio", "meccanografica" e di "immissione dati" che così come sono «potranno essere mantenute solo a fronte di specifiche ragioni funzionali». Non saranno cancellate.
"Numeri alla mano, e stando alla nota di variazione al bilancio imposta nella precedente legislatura, le indennità costano, in tutto, qualcosa come 15 milioni; anche la eventuale riduzione di metà (come promette Sereni) porterà i costi del personale da 238 a 231, cioè il 3 per cento in meno."
Inoltre i dipendenti del Parlamento hanno molte più ferie dei lavoratori "normali".
"In Parlamento hanno un bel gruzzolo di giorni di riposo in più rispetto alla «generalità dei dipendenti pubblici». Da quelle parti, i congedi si decuplicano col passare degli anni e a un certo punto diventano talmente tanti da renderne impossibile l'uso. La soluzione? Accantonare le ferie a fine carriera, in modo da anticipare - nei fatti - la sudata pensione di un bel po' di mesi, con buona pace degli altri lavoratori che dopo la riforma Fornero hanno visto allontanarsi il momento del ritiro."
I tagli promessi sono molto lontani dalla realtà.


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Bellissimo discorso di Beppe Grillo

LA TRUFFA DELLA BENZINA -ITA-

mercoledì 3 luglio 2013

Il petroliere afferma: “Abbiamo sempre saputo che le trivellazioni causano terremoti”

Dichiarazioni choc del rappresentante della compagnia petrolifera NAM sui terremoti causati da fracking: “La popolazione se ha paura deve andarsene. Ora non sappiamo quello che potrà accadere!”.
Terremoti-e-fracking-Exxon-Mobil-e-Shell-risarciscono-gli-olandesi 
GRONINGEN - A Groningen in Olanda è stata avvertita una scossa di 3.0 che ha allarmato la popolazione. Il governo olandese ha riconosciuto la correlazione tra l’attività di estrazione e le scosse sismiche che da tempo stanno interessando la zona. Un dipendente della compagnia petrolifera NAM che ha forti interessi nel territorio Olandese ha affermato: “Abbiamo sempre saputo che il fracking causa terremoti“.
L’estrazione petrolifera regala all’Olanda oltre 25 miliardi l’anno senza i quali l’intero paese sarebbe da tempo finito come Cipro. In Italia la situazione è diversa eppure il muro di omertà è davvero duro a crollare. Quando ci fu il terremoto in Emilia i giornalisti che scrissero che questo avrebbe potuto essere causato da attività di perforazione del suolo, furono tacciati di “cialtroneria” e di ignoranza. Non importava nemmeno se a parlare fosse una valente studiosa come la Professoressa D’Orsogna.
Commenti negativi di ogni genere e una forte reazione a parte di lettori che, invece di fermarsi a riflettere, hanno sprecato una grande opportunità di approfondimento e di riflessione. Poi è subentrato il governo che, con la coscienza non proprio pulita ha addirittura pensato ad elaborare una legge che mettesse a tacere chi fa dell’allarmismo in rete. Insomma, l’Italia sta diventando il paese dove è meglio ingoiare la paura per scansarsi la galera. Un paese dove il dibattito scientifico diventa il trampolino di lancio per qualche avviso di garanzia. Nel frattempo le compagnie guardano con occhio attento all’Italia, il paese che potrebbe regalare molti milioni di metri cubi di petrolio estratto dal sottosuolo, oppure di biogas. Non importa se il petrolio è di pessima qualità a causa dell’alto tasso di zolfo che necessiterebbe milioni di euro l’anno per la manutenzione di ogni singolo centro oli, corrodendo i tubi nel giro di 90 giorni. Come disse la Medoil Gas per il progetto di Ombrina 2: “Ci sono molti metri di mare ad attutire il danno!“.
Eppure chi ha pronunciato quella frase choc in Olanda ha un nome e un cognome. Si tratta di Chiel Seinen, rappresentante della compagnia petrolifera NAM che ha detto senza pensarci due volte: “Se a chi abita a Groningen non piace questa situazione non dovrebbe fare altro che trasferirsi altrove”. Subito dopo ammette: “Fino ad ora abbiamo sempre saputo che l’estrazione di gas avrebbe potuto causare terremoti, ora non sappiamo cosa potrebbe accadere”.
La compagnia petrolifera NAM è un consorzio che unisce Royal Dutch Shell Plc e Exxon Mobil Corp.