sabato 21 dicembre 2013

‘Basta scie chimiche’, oltre 300 persone in corteo a Modena: “Vogliamo spiegazioni”

La manifestazione ha coinvolto giovani, anziani e famiglie provenienti da ogni parte d'Italia: "In natura non esistono le velature spontanee, è un fenomeno meteorologico inestistente. In realtà si tratta di aerei cisterna americani che rilasciano sostanze nell'atmosfera"

‘Basta scie chimiche’, oltre 300 persone in corteo a Modena: “Vogliamo spiegazioni”

Sono arrivati in 300 forse di più, da ogni parte d’Italia. Il movimento che si batte contro quelle che gil stessi attivisti chiamano le scie chimiche, ha affollato il centro di Modena in maniera pacifica con slogan, bandiere, bimbi al seguito. “Abbiamo il diritto di riprenderci la nostra vita. Si alzino gli occhi al cielo e si capisca che ci vogliono avvelenare”, spiega Monia Benini, della Draco edizioni, una delle realtà che ha organizzato il corteo assieme con associazione Rip, Riprendiamoci il pianeta. La spiegazione del fenomeno celeste, secondo le persone scese in strada, è semplice: “In natura non esistono le velature spontanee, è un fenomeno meteorologico inesistente. In realtà le velature sono effettuate da aerei cisterna americani che rilasciano sostanze nell’atmosfera. Ci devono spiegare che cosa sta succedendo sopra le nostre teste”, dice Massimiliano Bonavoglia di Bergamo, uno di quelli che prende la parola alla fine del corteo. “Noi respiriamo queste irrorazioni che operano una trasmutazione genetica del terreno”.
 Il lungo serpentone di persone ha attraversato tutta la via Emilia nel centro della città, distribuendo ai cittadini a spasso per le compere natalizie un volantino con sopra spiegate le proprie ragioni. “Sono stati reperiti i documenti ufficiali degli accordi tra i vari paesi, compresa l’Italia – si legge nel foglietto – per effettuare esperimenti di modificazione climatica. Lo stesso generale Fabio Mini, in servizio alla Nato per decenni, parla della possibilità di guerra ambientale in atto”. Insomma nonostante a loro teoria non riscuota molto successo in campo scientifico, gli attivisti anti-scie portano testimonianze di studiosi isolati e persino, come nel caso sopracitato, di ufficiali “pentiti”.
Tra i manifestanti, spesso giunti in Emilia con famiglia al seguito, ci sono persone di tutte le età: tutti, bimbi compresi, hanno una pettorina gialla addosso o una bandiera.
E insieme, guidati da un servizio d’ordine impeccabile, leggono all’unisono gli slogan stampati su un foglietto: “Guerra ambientale è un’arma micidiale. Basta scie chimiche”, è uno dei cori che riempiono i portici modenesi. A parte alcuni portavoce, tra i partecipanti alla manifestazione nazionale nessuno vuole parlare con la stampa. “Leggiti il volantino”, sono le poche parole di un manifestante arrivato da Firenze. “Poveretti”, dice ai giornalisti presenti uno dei leader della protesta, Massimo Rodolfi. “Vi compatisco perché io avrei dovuto fare il giornalista. Vi rendete conto che lavorate per dei gruppi di potere che difendono interessi contrari alla vita?”.
Oltre alla stampa l’altro nemico è la classe politica, tutta la classe politica. Le critiche sono soprattutto per il neo-segretario del Partito democratico, Matteo Renzi: “Nei giorni scorsi, appena eletto, aveva detto di voler riservare un Tso se qualcuno del suo partito fosse andato in giro a sostenere la tesi delle scie chimiche. Vogliono farci fare il Tso perché siamo pazzi. Ma siamo pazzi perché guardiamo il cielo”, dice Massimo Rodolfi.
Dietro tutto questo ci sarebbe, secondo i manifestanti, una volontà precisa di poteri forti, governi, banche, multinazionali. Un ordine mondiale che sarebbe tenuto in scacco da realtà che vanno dall’Onu alla Nato. Colpevole però per i manifestanti sarebbe anche un ente molto più piccolo: l’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, colpevole di coprire i dati sull’inquinamento. Tra i principali accusati poi c’è il governo Berlusconi: “C’è un accordo Italia-Usa sulla modificazione del clima – spiega Massimiliano Bonavoglia – firmato nel 2003, che è stato tolto dai siti del governo italiano. Tuttavia è reperibile in internet. L’allora governo Berlusconi è colpevole”.

domenica 15 dicembre 2013

Libertà del Web: FAREMO RICORSO CONTRO L'AGCOM - Guido Scorza su Byoblu

Dopo la delibera AgCom sul copyright che consente lo sbarco in rete delle lobby dell’editoria, le quali avranno la possibilità di rimuovere in pochissimi giorni i contenuti web a loro sgraditi senza passare per la magistratura, Guido Scorza (avvocato esperto di Internet, diritto e politica dell’innovazione) annuncia che ci avvarremo di ogni mezzo, a cominciare dai ricorsi amministrativi fino ad arrivare alla Corte Europea, per fermare un cavallo di troia verso le libertà della rete che non ha equivalenti in nessun altro Paese del mondo.

domenica 24 novembre 2013

Veronesi Si Arrende A Di Bella: Somatostatina Efficace Contro Il Cancro



A 100 anni dalla nascita del “poeta della scienza” ecco che arriva una conferma da parte della medicina ufficiale. Il Professor Luigi di Bella originario di Linguaglossa in provincia di Catania era stato massacrato proprio prima di morire, gli avevano dato del ciarlatano al punto che il Professor di Bella se ne andò consapevole che il suo metodo sarebbe stato attaccato da ogni fronte. Adesso però la comunità scientifica si mette in riga. L’università di Firenze e Umberto Veronesi con L’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) arrivano finalmente a dare dignità scientifica al metodo Di Bella.

La terapia Di Bella si guadagna uno studio realizzato da parte dell’Università di Firenze dal nome: “Effetti combinati di melatonina, acido trans retinoico e somatostatina sulla proliferazione e la morte delle cellule di cancro al seno”. E’ uno dei pochi studi autorevoli in campo medico e che finalmente consegnano la Terapia Di Bella al campo della scienza ufficiale.

Lo studio condotto dall’Università di Firenze è stato poi pubblicato sulla rivista European Journal of Pharmacology ed ha ricevuto l’approvazione del IEO in seguito alla guarigione di cellule tumorali nel seno di una trentenne. Questa volta possiamo dirlo: il metodo Di Bella è efficace contro i tumori. Il tempo delle contestazioni è ormai lontano.

Fonte  : www.atsat.it/articolo.asp?id_articolo=765

venerdì 1 novembre 2013

La morte di Rino Gaetano non è stata una fatalita`


Rino Gaetano è stato assassinato 
Avrebbe compiuto ieri 63 anni, Rino Gaetano. Quando è morto ne aveva appena 30. Era il 2 giugno del 1981. Perse la vita in un incidente stradale sulla Nomentana, a Roma.
Una morte che continua a far discutere. A rilanciare l’ipotesi omicidio è stato l’avvocato Bruno Mautone nel libro “Rino Gaetano. La tragica scomparsa di un eroe”. Lavoro che in un primo momento portava il titolo “Rino Gaetano. Assassinio di un cantautore”. Mautone, attraverso l’analisi dei testi del cantautore calabrese e altri indizi, ne è certo: Rino Gaetano è stato assassinato

“Ben cinque ospedali romani interpretarono non sufficiente la gravità delle ferite riportate da Gaetano, nonostante un gravissimo trauma cranico. Il cantautore è stato praticamente lasciato morire” dichiara. “Tutto questo proprio il 2 giugno, festa della Repubblica. Un caso? Provate a leggere attentamente i testi delle canzoni di Rino Gaetano e capirete che la sua morte, alla fine, non è stata una tragica fatalità”.
Una tesi profetizzata, sottolinea l’autore, dallo stesso Gaetano, che in una occasione dichiarò: “C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni. Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale. E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capracotta”. 

Capracotta, chiarisce Mautone, non è stata citata a caso: si tratterebbe di un riferimento evidente al caso di Wilma Montesi, la ventunenne trovata morta proprio su quella spiaggia nel 1953. L’autore è sicuro: la pubblicazione di questo lavoro potrebbe riaccendere i riflettori sulla scomparsa di Gaetano, spingendo la magistratura ad aprire un’inchiesta sulla sua morte.

mercoledì 30 ottobre 2013

Matteo Renzi: un personaggio costruito dal Nuovo Ordine Mondiale

È appena calato il sipario sull’ennesima carnevalata renziana alla Stazione Leopolda di Firenze, evento su cui sono stati puntati per due giorni tutti i riflettori dei media di regime, e si pone adesso la necessità di alcune riflessioni e considerazioni.
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Viaggio spesso per motivi di lavoro e devo ammettere che mi sono decisamente stancato, ogni volta che su un treno, su un aereo, durante una cena o una conferenza, quando mi capita di fare conversazione con qualcuno ed emerge il fatto che sono di Firenze, mi vengano sempre rivolte le stesse raccapriccianti domande o le stesse esclamazioni. Vale a dire: “Come è fortunato lei a vivere in una città amministrata da Renzi!”; “Ha avuto modo di incontrarlo?”; “Ah, Firenze, la città di Renzi!”, e così via…

Un tempo Firenze era conosciuta per altri motivi, soprattutto per l’Arte e la Cultura e per i capolavori del Rinascimento. A cavallo fra gli anni ’80 e ’90 era nota soprattutto per le vicende del “mostro” (il più gettonato argomento di conversazione di allora). Ma ho avuto modo drammaticamente di riscontrare che oggi, per la maggior parte delle persone con cui parlo, sia in Italia che all’estero, risulta inevitabile associare il nome della mia città a quello di Matteo Renzi.
Mi sono di conseguenza chiesto, tentando anche di darmi delle risposte, come sia stato possibile che un personaggio a mio avviso del tutto insignificante, palesemente inadatto a fare un ragionamento politico profondo e di senso compiuto, e con un volto che (almeno a me) non ispira alcuna simpatia, in sostanza una personificazione “del nulla che avanza”, sia diventato oggetto di un simile clamore mediatico.

Conosco Matteo Renzi, ho avuto l’occasione di parlare con lui alcune volte, e vi assicuro che, a parte le frivolezze di circostanza sui livelli di ozono in città durante l’estate e sui goal della Fiorentina (a me il calcio poi neppure interessa), ogni volta che ho provato a fargli una domanda seria sulla sua progettualità politica o sull’economia, ha abilmente glissato e divagato, pronunciando frasi di circostanza e guardando nervosamente l’orologio.
Certo, per carità, per Firenze, come Sindaco, qualcosa di buono lo ha saputo fare. La città era governata da oltre vent’anni da una disgustosa cricca di potere affaristico legato al carrozzone del vecchio PCI (poi trasformatosi gattopardescamente in PDS, in DS e in PD) che faceva il bello e il cattivo tempo, con conflitti di interesse di inaudita portata e sotto lo sguardo compiaciuto e assente di una certa magistratura politicizzata. Divenuto Sindaco, il “ragazzo” ha abilmente decapitato questo marcio sistema di potere sostituendolo con una squadra di boy-scout composta per lo più da suoi coetanei, magari animata da buona volontà, ma nella pratica, da un lato troppo inesperta per governare bene una grande città e, da un altro (fortunatamente) ancora alle prime armi per dedicarsi a tempo pieno alle ruberie della politica. Essendo quindi stato chiamato dal solito elettorato con il prosciutto sugli occhi a sostituire il peggiore e più odiato Sindaco che Firenze abbia mai avuto (quel Leonardo Domenici che, come premio per i suoi fallimenti, è stato mandato al Parlamento Europeo), era inevitabile che qualcosa di buono dovesse pur farlo. Ma, a parte aver evitato lo scempio del passaggio di un tram delle dimensioni di un Eurostar da Piazza del Duomo e aver ripavimentato alcune strade del centro, l’ex “ragazzo prodigio” ha utilizzato sapientemente Firenze come palcoscenico per proporsi alle masse come il volto nuovo, come una sorta di messia destinato a cambiare l’Italia, come un nuovo ed ennesimo “salvatore della Patria”.

In rete esistono decine di siti che hanno tentato, mediante ragionamenti di largo respiro, di interrogarsi su chi sia realmente Matteo Renzi e sui retroscena della sua folgorante carriera politica che, da giovane militante dei comitati per Prodi (buono quello!) lo ha visto divenire prima segretario provinciale del PPI e poi della Margherita di Rutelli e di Lusi, poi, a soli 28 anni,  Presidente della Provincia di Firenze, poi Sindaco e, progressivamente, il personaggio politico più presente in assoluto nei programmi televisivi. Quello che, fra cene ad Arcore con il Cavaliere e incontri con Angela Markel e Obama, attraverso il “verbo” della rottamazione e dichiarazioni pubbliche incentrate sulla pochezza e sull’ovvietà, si sta candidando alla guida sia del PD e di un’Italia che affonda. Ebbene, tutti questi siti, pur facendo giuste osservazioni e ponendosi legittimi interrogativi sui suoi rapporti con la Massoneria e con i poteri forti della finanza internazionale, non ci danno delle risposte, non vanno oltre il pettegolezzo o le illazioni.

A noi non interessa il pettegolezzo. Quello lo lasciamo volentieri a Marco Travaglio e ad altri simili servi del sistema. A noi interessa che la gente apra gli occhi sulla verità, sul grande inganno nel quale siamo immersi fino al collo. A noi interessa constatare e far capire quella che è ormai un’evidenza: Matteo Renzi è un massone figlio di massoni!
Non ci interessa il fatto che magari non si trovino le prove di un suo effettivo “tesseramento”, di una sua affiliazione a qualche loggia. Renzi è l’espressione più diretta ed immediata di quella culturalità massonica di cui si servono i grandi burattinai del potere occulto per agire indisturbati ai danni della società. Questa massonicità lo investe come individuo, come parte integrante di un contesto politico di potere e come espressione di una cultura che è e resta prettamente massonica.
Per stessa ammissione del Maestro Venerabile del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi, fra le fila degli iscritti al PD si contano oltre 4000 affiliati all’obbedienza di Palazzo Giustiniani (vale a dire quasi un quinto dei tesserati del partito), la maggior parte dei quali risultano in Toscana. E questo senza contare i tesserati che fanno capo ad altre obbedienze massoniche diverse dal G.O.I., che sono comunque molto forti e radicate sul territorio.

Il mondo è governato da circa 1000 grosse banche, quasi tutte sotto il diretto controllo di potenti famiglie come i Rotschild e i Rockfeller. La Massoneria rappresenta il loro braccio esecutivo nello scegliere e nel selezionare quei leader politici più idonei, più gestibili e maggiormente manovrabili che, insediatisi nei posti chiave del potere, favoriscono gli interessi di chi realmente comanda e decide. Matteo Renzi rientra perfettamente in questo schema, ed è il prodotto di una abile e pianificata campagna di marketing dai toni a stelle e strisce e dal sapore inconfondibilmente massonico. Una campagna di marketing senza dubbio preparata già da anni, e finalizzata a lanciare mediaticamente e politicamente un “volto nuovo” in un certo senso predestinato ad assumere le leve del potere e a fare di conseguenza, una volta Presidente del Consiglio, gli interessi di chi sta nella cabina di regia.

Questa è l’idea che mi sono fatto personalmente di Matteo Renzi, un personaggio abilmente costruito a tavolino e curato nei minimi dettagli per quanto riguarda il look, la gestualità, il tenore e il contenuto dei discorsi, tanto che, nonostante risulti agli occhi dei più attenti una squallida scopiazzatura di Barak Obama, sta trovando sempre maggiori consensi sia fra un elettorato di sinistra ormai senza bussola e senza identità, sia fra l’elettorato di un centro-destra fiaccato da vent’anni di Berlusconismo e di promesse non mantenute.

Non so voi, ma io in questa cabina di regia ci vedo chiaramente i volti del Bilderberg, dei Rotschild, della grande finanza internazionale e del Nuovo Ordine Mondiale.

lunedì 21 ottobre 2013

Cosa abbiamo visto veramente a Roma il 19 ottobre..



La domanda che aleggiava nel dibattito pubblico di qualche mese fa era più o meno la stessa, e per un po’ è stata ripetuta in maniera incessante: “Perché l’Italia non scende in piazza?”
 
Per un periodo la stampa italiana si è mostrata piuttosto indaffarata nel raccontare le proteste dei manifestanti in Turchia e Brasile e la brutale repressione poliziesca del dissenso. Sull’Espresso, Roberto Saviano scriveva che “guardiamo a queste piazze in rivolta con un senso di nostalgia, come fossero rappresentazione di qualcosa che qui da noi non potrà più accadere.” Le ragioni per scendere nelle piazze italiane—continuava lo scrittore—non mancano di certo: “Crediamo di vivere in uno Stato di Diritto ma a ben guardare questo Stato agisce con comportamenti criminali verso gli immigrati e verso le minoranze.”
 
Quando però immigrati, minoranze, movimenti per la casa e di varie lotte sui territori, sindacati di base, e molti altri soggetti sociali hanno indetto due giorni di mobilitazione in Italia (il 18 e il 19 ottobre 2013) contro austerità e precarietà, i toni condiscendenti dei media si sono tramutati in qualcosa di diverso: da un lato in sorda indifferenza; dall’altro in messaggi incontrollati di panico, delirio e caos. Per giorni e giorni, la manifestazione del 19 ottobre è stata presentata esclusivamente come un “corteo No Tav”, con il solito falso corredo di massacri urbani e città messe a ferro a fuoco. Il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, recentemente distintosi per la disastrosa gestione del mancato funerale di Priebke ad Albano Laziale, aveva lanciato l’allarme a mezzo stampa: “Il rischio di infiltrazioni di personaggi violenti durante la manifestazione del 19 ottobre esiste, ma spero che siano isolati.”

 
L’edizione di Roma del Corriere della Sera contribuiva a gettare benzina sull’incendio mediatico con un articolo intitolato “Roma blindata, zona rossa per i cortei della paura.” Il pezzo parlava di “un clima da guerriglia ancora prima di cominciare la protesta” e di possibili “occupazioni di edifici lungo il percorso fino a Porta Pia, alberghi compresi.” Il 18 ottobre agenzie e quotidiani riportavano che le forze dell’ordine avevano fermato ed espulso cinque cittadini francesi, definiti variamente “professionisti del disordine,” “black bloc con precedenti specifici di turbativa dell’ordine pubblico sia in Italia sia all’estero” o direttamente “terroristi” legati al gruppo Tarnac 9 di Julien Coupat. Altri controlli avevano fatto scoprire l’esistenza di un vero e proprio “arsenale” nascosto in un “furgone sospetto” in viale Regina Elena: “manganelli, biglie, un martello frangivetro e altro materiale, tutto sequestrato.” 

 
Il vero capolavoro si è materializzato in una velina degli “analisti dell’intelligence” ripresa acriticamente dall’Huffington Post. Le previsioni dei servizi attestavano un “livello di pericolo 8 su 10,” mentre veniva dato per assodato che “all’interno del movimento e soprattutto nelle componenti che si muovono ai margini sarebbe ormai passata la linea dello scontro più duro.” L’articolo tratteggiava uno scenario a dir poco apocalittico: “Assalti ai bancomat, agli esercizi commerciali, carrelli dei supermercati da usare come arieti per rompere i blocchi delle forze di polizia, macchine idropulitrici per spruzzare di vernice le visiere dei caschi degli agenti e bombe carta di varia potenza in arrivo da Napoli, oltre a tutti gli strumenti di offesa e difesa che sono stati già sperimentati sul campo.”
 
Appena arrivo in piazza San Giovanni, il punto di partenza del corteo dove la sera precedente c’è stata una prima acampada, la pornografia della rivolta trasmessa dai media si rivela subito per quello che è realmente: una mistificazione. 
 
L’atmosfera, infatti, è assolutamente pacifica. E di “macchine idropulitrici” e “carrelli dei supermercati” non ce n’è traccia; in compenso, però, è pieno di letali fischietti.
 
 
I vari spezzoni sopraggiungono lentamente e confluiscono nella piazza. La composizione è davvero eterogenea, e i giovani riuniti sotto le sigle più diverse sono veramente tantissimi. 
 
 
I movimenti per il diritto alla casa, un problema particolarmente sentito in una metropoli come Roma (ma non solo), sono presenti in forza. 
 
 
Aggirandomi per il corteo noto anche molti cittadini di etnia rom, con tanto di famiglia al seguito. 
 
 
Moltissimi manifestanti puntano sul fattore sorpresa, indossando le maschere di Guy Fawkes. 
 
 
Il corteo dei migranti è sicuramente uno dei più numerosi, combattivi e colorati. Le loro rivendicazioni, che hanno assunto un significato ancora più forte dopo il naufragio di Lampedusa, sono gridate a gran voce e accompagnate dal frastuono dei fischietti.  
 
 
Anche i migranti hanno portato in piazza bambini e famiglia. 
 
 
La testa del corteo comincia a muoversi verso le tre e mezza, in ritardo sulla tabella di marcia: molti pullman sono stati fermati ai caselli autostradali per controlli e perquisizioni. La prima tappa del percorso, via Merulana, è invasa pacificamente da uno sterminato fiume di persone guidato dal camion che spara musica dalle enormi casse.
 
 
Il colpo d’occhio sulla via regala, ancora una volta, un’immagine diametralmente opposta a quella cupa e fosca dei media nazionali. 
 
 
La maggior parte dei negozi è chiusa. Qualcuno, che non si è lasciato intimorire dal clima d’allarme, ha comunque deciso di tenere alzare le saracinesche, e il gesto è stato abbondantemente ripagato dai manifestanti. 
 
 
Il primo, estemporaneo momento di tensione si verifica quando il corteo lambisce via Farini e via Napoleone III, nei pressi della sede di Casa Pound. Qualche antagonista si stacca dal corteo, e i fascisti del terzo millennio, coperti da caschi e armati di mazze e bastoni, ne approfittano per lanciare bottiglie e oggetti a casaccio. Nel frattempo, due cordoni di polizia si frappongono tra una parte del corteo, i giornalisti e gli estremisti di destra. La provocazione di Casa Pound (che ha addirittura lamentato un inesistente “tentativo di assalto”) non sortisce alcun effetto, poiché il corteo scorre tranquillamente per via Cavour. 
 
 
La situazione si fa decisamente più calda davanti al Ministero dell’Economia in via XX settembre, dove l’ingresso è presidiato da blindati e agenti della Guardia di Finanza. 
 
 
Verso le 18, e dopo il passaggio della maggior parte del corteo (compresi migranti e bambini), un gruppo di manifestanti a volto coperto comincia a far piovere sul presidio petardi, bottiglie e fumogeni. 
 
 
La polizia, appostata ai due lati della via, fa partire qualche carica di alleggerimento. Fortunatamente non vengono sparati lacrimogeni, altrimenti sarebbe stata una potenziale carneficina: quel tratto di percorso è molto stretto, e quasi tutte le vie di fuga sono bloccate dalle camionette. 
 
Un blocco di manifestanti protegge lo spezzone del corteo in via Goito, mentre la testa è già arrivata da un pezzo a Castro Pretorio. Qualcuno dà fuoco a un cassonetto, e assisto alla scena pietosa di un nugolo di giornalisti che riprende e fotografa le fiamme per svariati minuti. Alla fine degli “scontri”, durati davvero pochissimo, vengono fermati circa 15 manifestanti; sei saranno gli arresti convalidati a fine giornata. 
 
 
L’ultimo momento di tensione con la polizia si registra in piazza della Croce Rossa, sede di Ferrovie dello Stato, dove viene tirato qualche petardo e un poliziotto lancia un lacrimogeno (l’unico) sulla folla, che peraltro non sortisce alcun effetto. Dopo cinque ore, finalmente il corteo arriva alla sua destinazione finale: Porta Pia, a due passi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. 
 
 
I manifestanti, sempre accompagnati dall’imponente contingente delle forze dell’ordine, occupano la piazza e posano le prime tende. 
 
 
Il tutto si svolge in un clima oltremodo disteso, che viene interrotto solo da un brevissimo lancio di bottiglie sulla polizia, subito bloccato dal servizio d’ordine del corteo (che ha funzionato benissimo per tutta la manifestazione).
 
 
Quello che si è visto in piazza, insomma, è una pacifica moltitudine di persone (circa 70mila, ma forse anche di più) che ha sfilato compatta per le strade della Capitale, con un atteggiamento maturo e rivendicazioni ben precise che criticano radicalmente le misure d’austerità portate avanti in maniera pressoché indisturbata da governi tecnici e di “pacificazione nazionale”, disposti a sacrificare qualsiasi cosa in nome di una fantomatica “stabilità”. 
 
A livello di movimenti di protesta, l’Italia è molto indietro rispetto al resto d’Europa. Il 15 ottobre del 2011 ha scavato un solco profondo tra le varie componenti—solco che, forse, solo sabato ha cominciato a ricomporsi. È innegabile che i problemi e le rotture ci siano ancora, e che arrivare al 19 ottobre del 2013 sia stato tutt’altro che facile. L’obiettivo di questa manifestazione, comunque, andava ben al di là della mera protesta contingente. Come ha dichiarato Paolo di Vetta, attivista dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma, “questa manifestazione può produrre quello scatto che numericamente può trasformarla in qualcosa di nuovo. È una scommessa per noi.”

 
A giudicare dalla partecipazione, la scommessa può dirsi vinta. Ma è solo un punto di partenza. In un certo senso, il 19 ottobre lascia intravedere la nascita di un soggetto sociale che, dopo cinque anni di crisi durissima, ha intenzione di porsi come un’alternativa alla melma politica delle larghe intese. L’acampada di Porta Pia, comunque, ha già raggiunto un primo risultato: un incontro con il ministro Lupi per martedì prossimo. “Il tavolo," riportano le agenzie, "sarà incentrato sull’emergenza abitativa, e l’incontro è previsto per le 18, anche con i sindaci di diverse città.”
 
Ma sulla stampa post-manifestazione non c’è alcuna traccia di tutto ciò. La stragrande maggioranza si è focalizzata unicamente sui lievi disordini davanti al ministero dell’economia, ignorando completamente (e volutamente) il resto della giornata. Le prime pagine dei giornali, sia cartacei che online, regalano davvero la cronaca di un altro pianeta.
sia cartacei che online, regalano davvero la cronaca di un altro pianeta: 
 
 
Quasi tutti hanno parlato di “bombe carta” con all’interno proiettili calibro 12 e di “ordigni” più pericolosi di una “bomba a mano”. Diversi hanno evidenziato con sdegno l’imbrattamento dell’orribile statua di Giovanni Paolo II davanti alla stazione Termini; peccato che non sia semplicemente vero. Il Messaggero si è superato parlando di mappe del terrore (in realtà il volantino che girava durante la manifestazione conteneva il percorso del corteo) e fantomatiche “sniffate di gruppo” di cocaina prima dell’“assedio”. La Stampa si è avventurata nel tracciare l’identikit dei temibili “Black Bloc del futuro”, blaterando di “cattivi maestri” e definendo Anonymous come “nuova internazionale dell’antisistema”, una “nuova Spectre” con cui “dovremo fare i conti.”
 
Enzo Foschi, il capo segreteria del sindaco Ignazio Marino, ha scritto in uno status sul suo profilo Facebook che “i veri Bleck block [sic]” sono “tutti quei giornalisti infiltrati nel corteo,” che alla fine della giornata sono rimasti delusi dal fatto che non sia stato versato sangue sulle strade di Roma. La definizione è certamente forte e provocatoria; ma non è poi troppo lontana dalla realtà. 
 
Per l’ennesima volta il giornalismo italiano ha clamorosamente deciso di non raccontare quello che aveva sotto gli occhi e ha preferito abbandonarsi al sensazionalismo. È lui, il grande sconfitto del 19 ottobre. Anche e soprattutto a livello psicologico: perché non è per nulla normale mettersi a riprendere un fumogeno in mezzo a una strada deserta, mentre a pochi metri di distanza ci sono migliaia di persone che reclamano diritti e provano a uscire da un presente che sembra non offrire alcuna via d’uscita.

‘Ndrangheta a Milano, torna libero il presunto boss di Buccinasco

E via un altro. Dopo la scarcerazione di Domenico Papalia e di Antonio Perre, la squadra dei presunti mafiosi alla milanese, perde un altro dei suoi capitani. Oggi, infatti, la Corte d’Appello di Milano ha accettato il ricorso del legale di Domenico Barbaro, 76 anni, ritenuto dalla Procura, uno dei capi della ‘ndrangheta che, negli ultimi anni, ha comandato in Lombardia. Soprannominato l’Australiano, Mico Barbaro finisce in carcere nel luglio 2008 con l’accusa di associazione mafiosa. E’ l’inchiesta Cerberus sulle cosche e il monopolio del movimento terra. Gli agenti del Gico arrivano a Buccinasco. I giornali del giorno dopo racconteranno degli eredi del potente clan Papalia. In carcere finisce, infatti, anche Salvatore Barbaro genero del superboss Rocco Papalia. Dalle carte di quell’indagine emerge una vecchia lettera inviata dal padrino Mico Papalia allo stesso Barbaro e dove ilo capo dei capi della ‘ndrangheta di Platì si complimenta con l’Australiano per essere stato insignito del fiore, simbolo del comando mafioso.
Dal 2008 Mico Barbaro resterà in carcere, ricevendo un’ulteriore ordinanza per mafia (inchiesta Parco sud). Oggi la scarcerazione. Dopo dopo che alle 15 il tribunale di Milano ha inviato un fax al legale Giampaolo Catanzariti per comunicare l’accoglimento del ricorso. Il legale del presunto boss ha preso spunto dal ricorso fatto e accolto per Antonio Perre, difeso da Amedeo Rizza. Nel 2012, Barbaro aveva ottenuto la libertà per il processo Cerberus, il cui appello bis (dopo la bocciatura in Cassazione) è stato confermato da pochi giorni. Restava in carcere per l’indagine Parco sud, anche questa annullata con rinvio dall’Alta corte. Ora, però, anche per questo processo sono scaduti i termini di custodia. Non solo per l’associazione mafiosa, ma anche per i reati satelliti (armi e favoreggiamento della latitanza di Paolo Sergi).
Accogliendo l’istanza dell’avvocato Catanzariti, la terza sezione della Corte d’Appello (presidente del collegio Arturo Soprano) ha chiarito che “quanto al reato associativo si osserva che è venuta meno la doppia decisione”, di primo e secondo grado, “sulla responsabilità dell’imputato”. Con la conseguenza, scrivono i giudici, “che per tale ipotesi il termine massimo di fase” per la custodia cautelare “sarebbe pari a due anni” ed è “ampiamente decorso”. Per i reati ‘fine’, invece, la condanna definitiva per Barbaro è di entità inferiore rispetto al periodo già passato in carcere. Quindi anche in questo caso, secondo i giudici, i termini di custodia sono ampiamente scaduti.

domenica 13 ottobre 2013

Milano, da rifare il processo al proconsole di Cosa nostra. E il boss torna in libertà.

A Milano la Procura antimafia indaga tanto e spesso arresta. Non sempre, però, le inchieste appaiono così robuste da reggere i tre gradi di giudizio. E’ successo con la ‘ndrangheta di Buccinasco, le cui bocciature e rinvii, hanno liberato Domenico Papalia, figlio di Antonio, influente boss calabrese. Ma è successo, recentemente, anche con i clan siciliani. E così la prima sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio a nuovo processo la condanna a dieci anni (con rito abbreviato) per estorsione aggravata dal metodo mafioso di uno dei più importanti e storici proconsoli di Cosa nostra a Milano. Risultato: dal maggio2013, Ugo Martello, finito in carcere nel 2009 per l’inchiesta Metallica, ritenuto il referente della famiglia mafiosa della Bolognetta comandata per anni da Giuseppe Bono, è tornato a vivere nel suo appartamento milanese vicino a corso Venezia.

Per anni la sua identità è sfuggita alle intercettazioni. Gli investigatori si sono spaccati la testa nel capire chi fosse quel tale Tanino o quel certo dottor Filippi oppure quel signore che, negli anni Ottanta, in via Larga 13 gestiva la Citam srl e si faceva chiamare Eugenio Apicella. Alla fine il mistero è stato svelato e Ugo Martello è entrato nelle informative delle procure di mezza Italia, nato a Ustica il 24 febbraio 1940. Martello, racconterà Tommaso Buscetta, sotto la Madonnina ha rappresentato per anni uno dei più ascoltati proconsoli di Cosa nostra. Era l’epoca dei rapporti pericolosi tra i boss e gli imprenditori milanesi. In via Larga 13 ci passavano tutti: da Gerlando Alberti fino a Gaetano Fidanzati e Stefano Bontate. In zona si faceva vedere anche un tale Marcello Dell’Utri, non ancora politico, ma uomo della Edilnord di Silvio Berlusconi. In carcere, Martello, ci finisce per il blitz della Notte di San Valentino. E’ il 14 febbraio 1983, e a Milano, è già personaggio noto. In riva al Naviglio infatti sale da latitante nel 1965. Arriveranno i processi e gli anni di carcere. Arriverà il silenzio della cronaca. Nel 2003 la scarcerazione definitiva.

Nel 2006, poi, la procura di Milano, mette le mani su una bella batteria di mafiosi. Calabresi, armati, violenti e voraci. Li comanda Giuseppe Onorato che dirige il tutto da un bel bar di via Porpora. Nell’inchiesta c’è di tutto: estorsioni, riciclaggio, aggressioni, contatti e alleanze. E’ l’indagine Metallica, autentico romanzo criminale alla milanese. Il nome di Martello spunta più volte. Lui è uno dei “siciliani”. Sono in due. C’è Tanino e poi Luigi Bonanno, palermitano vicino ai boss Nino Rotolo e Gianni Nicchi.

Che ci fanno in mezzo al gruppo dei calabresi? Secondo la procura prima e il tribunale di Milano poi fanno da mediatori. Mediano cioè tra “due zanze” come Michele Mastropasqua e Antonio Di Chio e il boss dei boss Pepè Onorato. Il padrino non ha preso bene la sparizione di un bel po’ di denaro da certi conti correnti. Quello, ragioneranno i magistrati, è il frutto di una colossale estorsione a un imprenditore del metallo, tale Giancarlo Ongis, lombardo, bergamasco con l’abitudine delle fatture false e dei fondi neri. I due zanza giocano su questo e lo ricattano. Ongis paga (sempre attraverso false fatture) oltre un milione di euro in diverse tranche. Mastropasqua e Di Chio incassano e non versano il dovuto a Onorato. Il boss non ci sta e reagisce in modo violento. Per questo i due si rivolgono ai siciliani. Chiedono protezione. E in cambio, ragiona l’accusa, pagano. Reato: estorsione. Questo, però, è già il secondo tempo della vicenda. Procura e tribunale, infatti, ritengono Martello (e Bonanno) ideatore dell’estorsione a Ongis. E il capo 1 dell’imputazione. Nel 2009 la squadra Mobile lo arresta nella sua bella cosa in zona Porta Venezia. Deve scontare dieci anni. Quando suonano, il boss sta facendo colazione con la moglie.

Il processo finisce in Cassazione. E qui, i supremi giudici, smontano, pezzo per pezzo, la tesi dell’accusa. La sentenza viene depositata nel maggio 2013. E da quel momento Ugo Martello è tornato in libertà. I giudici della prima sezione penale cancellano, fin da subito, il capo 1. Martello non ha organizzato l’estorsione a Ongis. Tanto più che anche Bonanno è stato assolto per la medesima imputazione durante il processo ordinario. A supportare questa tesi, le parole di Luigi Cicalese, pentito, e gola profonda per tutta l’indagine. “Martello – dice – è arrivato dopo”. Vale a dire quando Pepè Onorato rivuole i soldi dai due pugliesi. Eppure nemmeno in questo caso sembra reggere la sentenza d’Appello. Martello come protettore, ragiona la Cassazione, sembra avere avuto “solo una condotta omissiva”. Per dimostrare la responsabilità nell’estorsione di Onorato ai “due zanza” bisogna dimostrare che Martello ebbe una condotta attiva. E questo, ragionano i giudici, non può essere dimostrato dalla sola frase proferita da Martello ai due di “mettersi una mano sulla coscienza”. Tutto da rifare.

venerdì 11 ottobre 2013

I microchip rfid sono la fine dell'essere umano, per come lo conosciamo

Di Carla Villa Maji

Potrebbe essere presto introdotto anche in Europa il microchip rfid sottocute reso definitivamente obbligatorio quest'estate dal Congresso americano e dal governo di Obama per i cittadini statunitensi. L'assordante silenzio dei media, del nostro governo e della Chiesa, ieri gli organizzatori della marcia della pace di Assisi e Papa Benedetto XVI ormai alla vigilia del raduno inter-religioso del 27 ottobre non ci hanno spiegato se il microchip fa parte della loro opzione pacifista o no e cioè di quale pace parlano quando ne parlano. 

Potrebbe essere presto introdotto anche in Europa il microchip rfid sottocute reso obbligatorio dal Congresso americano e dal governo di Obama per i cittadini americani. Vi ricordate come dopo l'11 di settembre 2001, strage sulla quale il governo americano non ha dato ancora molti chiarimenti perché evidentemente è già tutto molto chiaro, sono state velocemente introdotte norme sospensive di diritti costituzionali e di come subito sia stato introdotto il passaporto biometrico per tutti i cittadini americani e poi NEL GIRO DI POCHI MESI per i cittadini europei stessi? Del resto, questi Americani anche con Obama ci chiedono sempre un certo appoggio nelle loro iniziative...Dobbiamo attenderci l'ennesima strage o epidemia anche nel vecchio continente che ci convinca definitivamente e in fretta, oltreché a non fare politiche energetiche che non garbino agli Usa, che il microchip serve alla "nostra" sicurezza? Urge una campagna di informazione per la libertà e la dignità e l'inviolabilità umana. E' bene che tutte le organizzazioni umanitarie si uniscano e raccolgano le firme e chiedano una legge che vieti in Europa e nel mondo questo scempio!

Personalmente già sapevo da anni che il programma di assistenza sanitaria americano nascondeva un programma di schedatura e controllo della popolazione, infatti io non avrei mai votato chi lo proponeva. Non spetta a me del resto ricordare quali gruppi di potere hanno finanziato la campagna elettorale del Presidente Obama, beniamino anche della nostra sinistra, potete trovare questi dati sul web, in verità il microchip è l'ultimo anello di un piano per il controllo mentale della popolazione attraverso le onde elettromagnetiche ormai in atto da decenni, non solo con appositi programmi studiati dai servizi segreti ma anche attraverso i sempre più sofisticati oggetti della vita quotidiana... Non cerchiamo la falsa libertà, le piccole libertà che ci vengono dalle cose così come vengono proposte dalla pubblicità, perché diventeremmo schiavi per esse.


I dettagli del programma di assistenza sanitaria statunitense.
Carla VillaIl progetto per la salute HR 3200 che rende obbligatorio l'impianto rfid per tutti cittadini americani è stato in via definitiva adottato dal Congresso e a pagina 1001 prescrive la necessità di essere identificati con tale congegno per tutti coloro che usufruiscono del sistema sanitario nazionale. Tale provvedimento era già previsto nel 2004, come si può leggere in un documento del 10 Dicembre 2004 della Food and Drug Administration, "Class II, Special Guidance Document: Implantable Radiofrequency Transponder System for Patient Identification and Health Identificatio". Transponder è una parola sintesi tra transmitter e responder. "The America's affordable Health Choices Act" del 2009 prevede una scheda personale per ciascuno che abbia subito l'impianto del microchip. A pagina 1006 del progetto approvato in via definitiva dal Congresso si legge che dall'entrata in vigore dell'atto, nel 2013, tutti gli assistiti dovranno sottoporsi all'impianto del microchip entro i 36 mesi successivi. Gli Americani non hanno molto tempo ma neanche noi! Ripeto, ricordiamoci con quale rapidità il passaporto con i dati biometrici sia stato introdotto negli USA e di seguito in Europa, salvo per chi non avesse il nuovo passaporto sottoporsi alla presa dell'impronta digitale e della foto dell'iride alla frontiera in aeroporto, cosa faranno ora? Ci metteranno il microchip appena scesi dalla scaletta dell'aereo? Certo che no! Ci chiederanno di microchipparci tutti anche da questa sponda dell'oceano! Ve li ricordate i nostri politici a farsi vedere nel dare l'impronta e a dire che andava tutto bene, che non c'era nulla da nascondere, come se il problema fosse quello! Chi non ha avuto motivi per recarsi negli USA finora e che ha ancora un passaporto a lettura ottica, al prossimo rinnovo del documento dovrà accettare di essere schedato e trattato dallo Stato come un potenziale delinquente, allo stesso modo chi si è stufato di andare a votare in Italia con leggi elettorali incostituzionali e truffaldine potendo non andarci non ci è andato più, io sono uno di quei cittadini che ormai da dieci anni vanno a votare solo per i referendum, ma è libertà questa? Direi di no, direi che il trucco dei nuovi e rinverditi padroni delle ferriere supportati da burocrazie che stanno rodendo il potere dei rappresentanti dei cittadini e sostituendosi a essi, è questo, togliere ai cittadini tutti i giorni qualche cosa di importante, un pezzo di dignità, di libertà, minimizzando...stanno mettendo il microchip alla gente, perché hanno capito che la gente vuole cambiare il sistema, che è stufa di essere condizionata sfruttata e avvelenata e mandata a fare la guerra da un ristretto gruppo di famiglie multimiliardarie che considerano il pianeta e chi ci abita come cosa loro, l'Umano con l'impianto di microchip è un oggetto, e allora, se non si è più che attenti e vigili, se non si lotta contro lo sfinimento psicofisico, la tentazione è quella di raccontare a sé medesimi che va bene anche così, che in fondo le cose vanno come devono andare...

Dettagli essenziali sul microchip
Rfiid significa "radio frequency identifier", quelli da impiantare sottocute sono piccoli e di non difficile installazione, praticamente impossibili e comunque molto dolorosi da togliere, qualora resi obbligatori vi ritrovereste inermi e immediatamente individuati e arrestati se cercaste di liberarvene, costituiscono un mezzo con il quale sarete completamente privati della vostra privacy e alla mercé di qualsiasi forma di controllo e manipolazione mentale attraverso le onde, il vostro pensiero stesso, le vostre stesse emozioni saranno sotto controllo e manipolabili, così anche le ghiandole del vostro corpo, il che significa che chi avrà accesso al computer centrale potrà influire anche sulla vostra salute cominciando dalla fertilità. Ricordatevi che non avrete modo di difendervi. Questa bestialità chiamata rfid sarà la fine dell'essere umano come lo conosciamo, sarà la fine di ogni libertà, non sarà più possibile resistere ai soprusi di chi ha perso o non ha mai avuto la legittimità democratica per sedere sugli scranni del potere, è urgente che la gente si renda conto della situazione e che chieda e promuova una legge che proibisca la produzione e l'uso dei microchip e degli impianti elettronici destinati agli Umani, limitandoli ai soli casi in cui servano a guarire o curare da specifiche patologie come già accade. 

L'assordante silenzio dei media e dei Ministeri della Sanità. E il Papa? E la stampa così detta cristiana? Assisi tra marce della Pace e raduno inter-religioso.

Avete visto una qualsivoglia trasmissione informativa in Italia su di un problema di tanta gravità e imminenza o avete letto qualche articolo dettagliato sui principali quotidiani? I vari presentatori e giornalisti alla moda, strapagati insieme agli ospiti più o meno fissi dei loro ripetitivi e narcotizzanti salottini di fronte ai quali il popolo italiano, vuoi perché pigro vuoi perché esausto, prende sonno alla sera, sedicenti professionisti strapagati grazie a un sistema che coinvoglia il reddito prodotto dalla società nelle loro tasche attraverso il sistema pubblicitario e alla faccia di tutti i cittadini e le cittadine che svolgono qualche onesto lavoro effettivamente utile alla società e non al medesimo sistema di potere vigente, dal quale tali presentatori e giornalisti sono lussuosamente mantenuti, che con il liberismo ha ben poco a che fare e con la libertà ancora meno e che ormai non è neanche poi così occulto, vi stanno informando?
E che dire dei Ministeri della Sanità? Essi continuano a proporre una cultura fondata sulla fretta la farmacologia l'ospedalizzazione...del resto sappiamo che storicamente il medico è sempre stato alleato del sovrano e del prete nell'imposizione del potere attraverso l'azione sul corpo del suddito, in alcuni paesi non ci sarebbe più la tortura, ci sono altri sistemi però e se ne trovano di sempre nuovi... E' vero che Don Verzè progettava l'uso dell'rfid per gli assistiti del San Raffaele? Nel caso ciò rispondesse al vero, diventerebbero più chiare alcune questioni.

Perché il Vaticano continua a tacere sul problema rfid? Bisogna affiancare tale silenzio all'invito a ritornare ai confessionali, una pratica inventata dall'Inquisizione? Soprattutto, è il Papa libero di esprimersi o è ricattato?
 Questa domanda mi sorse anche quando scrissi del rapporto vacillante e in parte accondiscendente degli ultimi Papi con il darwinismo e con una serie di altre teorie spacciate come scientifiche ma in verità ben poco fondate... Del resto noi sappiamo che il Papa ha dovuto vestire i panni della Luftwaffe durante il nazismo, ha dovuto certo perché evidentemente non aveva la vocazione al martirio, e se anche oggi si trovasse nella condizione di non potere e sapere dire di no? E a chi?

E il resto della stampa cristiana? In Assisi si è svolta ieri la marcia della pace, si sono posti il problema questi pacifisti? La pace la vogliono con o senza microchip? Nelle edizioni che verranno della manifestazione hanno idea di sfilare con o senza impianto rfid? Come la vogliono questa pace, come pecore belanti? Sfileranno anche per farsi inserire l'ago che inietterà loro quell'impiantino sottocute con il quale diventeranno fidi cittadini del nuovo ordine mondiale auspicato dagli ultimi due Papi grandi fautori tra l'altro dell'aperura della Chiesa ai media elettronici? Non si capisce. Questa retorica, che da un po' di tempo assorda la cittadina umbra, che io amo e che da quindici anni considero dopo Cagliari e Milano la mia terza città ma che sta diventando un simbolo totalmente svuotato dei propri oggetti interni - vi rimando a qualche mio articolo precedente in "La Voce di Carla Villa Maji" sezione qui sul Positano News tra quelle segnalate sotto il titolo "cultura" - è drammatica per chi vive seriamente l'impegno francescano. L'organo stampa dei Frati Conventuali di Assisi, sul web "sanfrancescopatronod'italia", ieri trasmetteva un video e pubblicava un articolo sulla marcia assolutamente privi di riferimenti al fatto che la pace e la non violenza significano anche resistenza passiva e non cooperazione, altroché scampagnate in Assisi e visitina alla tomba del Santo e poi tutti a casa come prima e peggio di prima, altroché servizio civile perché in fondo è un po' più comodo di quello militare, si mangia si dorme e si fa la doccia a casa di mamma, a parte qualche raro idealista nessuno si fa trasferire in Afghanistan, glielo hanno spiegato bene i Frati e i Padri a questi ragazzi cosa significa non violenza, e la violenza non è solo fisica, cosa significano resistenza passiva e non cooperazione? Glielo hanno spiegato che si può morire peggio che in una guerra? 

E cosa dobbiamo aspettarci da un convegno inter-religioso con Papa Benedetto XVI e i capi delle religioni mondiali quale si attende nella cittadina umbra a fine ottobre, giusto appena prima del mio compleanno, proprio la ciliegina sulla torta che mi mancava tanto, se le premesse sono queste? Fumo, oppio...per lo più maschi con lunghe gonnelle, adoratori di un dio non si capisce più se trino uno multiverso o come lo si debba chiamare, la gente era confusa prima figuriamoci adesso, un dio al di fuori di ogni logica primariamente padre e non madre, quasi solo maschi tutti in fila con paramenti ridondanti e variamente colorati...ma perdonatemi, l'oppio non usa più...onde elettromagnetiche, fra poco anche la Messa la si vedrà così con il computer che interagisce con il vostro impiantino interno, magari, considerata la crisi di vocazioni si potrà ricorrere a qualche surrogato virtuale...lo Spirito di Assisi è lo Spirito di Verità? Direi di no, questo l'avevo già scritto altrove, superficialmente potrebbe rassomigliarGli, ma è un inganno, infatti non vi sta avvertendo mentre lo Spirito di Verità avverte sempre in tempo quando il male è in agguato... 

I modi con i quali si stanno rendendo il microchip sottocute e altri impianti elettronici nel cervello umano allettanti...

Il microchip sottocute è già stato testato, viene ormai inserito nei contratti di alcune categorie professionali e non c'è alcuna legge che lo vieti. Anni fa avevo svolto una indagine chiedendo agli intervistati se avrebbero accettato l'imposizione del microchip per motivi di lavoro e una delle risposte più frequenti era stata, ahimè, "dipende da quanto mi pagano". E' chiaro che le grandi sacche di disoccupazione e i continui attacchi che provengono dal mondo finanziario e industriale ai diritti dei lavoratori unitamente al fatto che tali diritti neanche esistono in fette ormai importanti del pianeta come la Cina rendono difficilissimo non sottostare a tale ricatto. Ma non solo. Si stanno costruendo una serie di congegni, dai computer alle automobili, che operano attraverso le onde celebrali umane e che pertanto possono aver bisogno di una interfaccia per ora esterna che in breve verrebbe proposta e imposta con impianto interno per ragioni presentate come di comodità prima e di efficienza e sicurezza poi. Questo vale anche per ciò che riguarda quei dati che riguardano le nostre carte di debito e credito, che verrebbero inseriti nel microchip sottocute, con la totale contestuale eliminazione del denaro contante. Gli impianti nel cervello verrebbero proposti e imposti non solo per interagire con le macchine ma anche per migliorare le prestazioni mentali e fisiche, in ciò facendo leva sullo spirito di competizione e sulla vanità umana, o magari si proporrebbe di fare la spesa con il microchip comprando tre e pagando due...convincente vero? I pubblicitari, fateci caso, sono molto abili nell'associare sempre più frequentemente la parola libertà a cose che sono perfino il contrario di essa o a cose che producono piccole libertà che non sono la libertà in senso proprio.
Per resistere a tutto questo bisogna avere ben presente non solo che il cervello umano è tuttora inesplorato e che è molto più sofisticato delle macchine, anche se in certe cose sembra più lento esso deve essere considerato come un organismo la cui violazione da parte di altri sistemi porterà inevitabilmente a un depauperamento complessivo in particolare delle facoltà superiori, ma anche che l'invasività della tecnologia produce schiavitù.

Il rapporto corpo macchina alla luce della filosofia semiotica e della conoscenza spiritualista.
Coloro che, con un percorso differente secondo le proprie attitudini, hanno realizzato l'essenza spirituale della Realtà, sanno quanto sia imprescindibile la relazione tra il corpo grossolano quello mentale e quello astrale, ovvero come il primo altro non sia che una risultante a livello macrostrutturale correlata a processi e relazioni semiotiche più sottili e articolate, e quanto sia indispensabile e insostituibile nell'evoluzione umana il rispetto di alcuni valori quali la dignità e la libertà e cioè quanto sia illusoria e foriera di dolore e distruzione la proposta di qualsiasi progresso fondata sulla loro cancellazione.

Più studio il problema del microchip e delle strategie di controllo mentale di massa che già lo precedono più mi chiedo se il nemico non sia la stessa tecnologia con i propri modelli e le proprie necessità che impone all'immaginario della gente e ciò indipendentemente dai disegni di specifici gruppi di potere, certo chi è veramente cristiano o consapevole della propria origine spirituale non permetterà mai che il microchip gli venga impiantato, in un articolo di qualche mese fa avevo scritto che avrebbero dovuto passare sul mio cadavere per impormelo, ma forse è proprio per questo che i cristiani e le persone spiritualmente consapevoli sembrano destinate a sparire prima della fine di questa era, subendo le persecuzioni di diversa natura che già vediamo intorno, il silenzio di quella che oggi riserva a sé medesima il nome di Chiesa Cattolica ha quindi varie spiegazioni che possono andare dal collaborazionismo all'impulso verso la sopravvivenza a qualsiasi costo... un film già visto, mi pare...

domenica 15 settembre 2013

Giuliano Amato disse alla testimone "Non fare i nomi, zitta con i giudici"

Ventuno settembre 1990. Tangentopoli ancora non c'è, le mazzette sì. Paolo Barsacchi, morto quattro anni prima, è accusato dai vecchi compagni del Psi di essere responsabile di una tangente da 270 milioni. La moglie non vuole che il suo nome venga infangato e vuole parlare con i magistrati. Interviene Giuliano Amato, deputato e vicesegretario del Psi di Craxi. Secondo i giudici, lo fa con uno scopo: evitare “una frittata, un capitombolo complessivo del Partito socialista”. Ecco la registrazione originale fatta dalla donna e poi consegnata ai magistrati. Ed ecco chi è il dottor Sottile - oggi giudice costituzionale per volere di Napolitano - nelle sue stesse parole di allora

mercoledì 14 agosto 2013

Malati terminali, sit-in alla Camera: “La Casta in ferie, ma le nostre malattie no”


“Accesso alle cure del metodo Stamina“, una ventina di malati neurodegenerativi sono in presidio permanente dal 23 Luglio scorso in piazza Montecitorio. “Lo Stato ci sta uccidendo, non ci danno la possibilità di provare un metodo che dal 2008 ha dato ottimi risultati”. “Mi sento un morto che cammina – dice Sandro Biviano affetto da distrofia muscolare – questi sono omicidi colposi”. La sperimentazione, iniziata il primo agosto, non include la sua malattia, “l’accesso al metodo Stamina è deciso da un giudice, è un’assurdità che un magistrato decida se posso vivere o morire”. La loro speranza è appesa ad un emendamento (poi ritirato) del decreto del Fare che sarà presentato a settembre che permetterebbe l’accesso alle cure. “La politica adesso è in ferie ma le nostre malattie non vanno in vacanza”, dicono. “Se loro devono decidere se dobbiamo vivere o morire – conclude Biviano – io decido di morire qui, in piazza Montecitorio”

venerdì 9 agosto 2013

Il paese non e` ne' di destra ne` di sinistra, il paese e` di Berlusconi. (Satira Politica)


Da J.P. Morgan l’ordine: troppo socialismo nella Costituzione, cambiatela?

J.P. Morgan

Quanto è successo in queste ultime settimane è incredibile. Per cambiare la Costituzione s’incomincia anzitutto cambiando le regole previste all’uopo dalla stessa Costituzione e a difendere le nostre istituzioni democratiche sono soltanto i giovani del M5S, novelli deputati. Tutte le forze del M5S sono tese a bloccare il colpo di mano che il Governo si appresta ad attuare con l’approvazione del disegno di legge costituzionale da cui prenderà avvio la „controriforma“ delle nostre istituzioni democratiche. Si sta manifestando un’ideale continuità tra i giovani partigiani di un tempo, che con le armi e il sangue costruirono la Repubblica, e i nuovi giovani partigiani pentastellati che cercano oggi di difenderla. Ben inteso, la Costituzione andrebbe qui e là migliorata (basti pensare a quelle forme di democrazia diretta che andrebbero sicuramente potenziate, ad esempio con l’introduzione di referendum propositivi), ma non distrutta a colpi di picconate come s’intende invece fare.     
                                       
La rivoluzione permanente secondo Lev Trotsky serviva a spiegare le dinamiche di trasformazione politico-sociale durante i processi rivoluzionari nei paesi arretrati. Il colpo di Stato permanente serve a spiegare la stessa cosa durante i processi controrivoluzionari nei paesi sviluppati. E così approfittando del clima vacanziero con il silenzio complice dei tradizionali organi d’informazione si voleva prima della chiusura estiva del Parlamento discutere il disegno di legge presentato dal Governo Letta per l’istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali. Si tratta dell’ormai noto Comitato di 20 deputati e 20 senatori che sarà chiamato a “definire” il progetto di modifica e revisione della Costituzione italiana, «in staffetta», come ha detto Quagliarello, con la cosiddetta “Commissione dei Saggi” che già, solerte, ha cominciato i suoi lavori. Il tutto senza che ci sia alcuna disposizione della nostra Costituzione che preveda l’istituzione di una tale commissione.

Perché proprio nei giorni caldi d’estate? Forse perché il disegno di legge non apre ad una revisione costituzionale, ma ad una violazione della Costituzione. Tutto si nasconde nell’art. 2 del Ddl (Competenze e lavori del Comitato). In esso si legge, anzitutto, che il Comitato esaminerà i progetti di «legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali». Strano: nella revisione costituzionale si discuterà della legge elettorale, che è però una legge ordinaria. Perché?
La risposta è semplice: spostando – in modo del tutto illegittimo – la questione della legge elettorale all’interno della «revisione» della Costituzione, si bloccava ogni iniziativa di riforma elettorale immediata. Questo significa che i partiti non intendevano cambiare nell’immediato il Porcellum. E per evitare che il M5S potesse sostenere l’opposizione ad esso in Parlamento, presentando proposte di legge elettorale alternative, si era deciso di obbligare a rinviare ogni discussione sulla legge elettorale all’ interno della riforma costituzionale. Dopo la condanna di Berlusconi ecco che tutti si sono messi a parlare di legge elettorale…

Ma consideriamo un po’ più da vicino il Disegno di Legge. Nello stesso articolo 2 si legge che il Comitato dei quaranta „esamina i progetti di legge in questione“. Esamina ? Sì, perché, anche se il disegno di legge costituzionale non può dirlo esplicitamente, ad elaborare le modifiche della Costituzione saranno i „saggi“, i quali neppure una volta vengono nominati in tutto il disegno di legge, dal momento che essi sono del tutto estranei alla procedura di revisione costituzionale prevista dal nostro ordinamento. Insomma i saggi elaborano e il comitato si riduce ad esaminare quanto fatto da persone che sono prive di qualsiasi mandato popolare, essendo state unicamente nominate dal Presidente del Consiglio.

Dulcis in fundo: la revisione costituzionale sarà relativa agli articoli e ai titoli della parte seconda della Costituzione «afferenti alle materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo». Si modificherà la Costituzione, in altri termini, sia nelle disposizioni riguardanti la forma di Governo (e il bicameralismo) sia in quelle concernenti la forma di Stato. Si tratta di un errore materiale, di una “svista”? O il Governo Letta ha realmente intenzione di modificare la forma di Stato, oltre che quella di Governo? Non saremo più una Repubblica, ma una Monarchia? Dopo la rielezione di Napolitano, in effetti, si ha l’impressione di aver di fatto già superato la forma repubblicana. L’art. 139 della Costituzione non dice però chiaramente che proprio la forma di Stato repubblicana non può essere modificata? O forse s’intende il passaggio ad una Repubblica federale, e non più «una e indivisibile», come vuole l’art. 5 Cost., anch’esso ritenuto immodificabile dalla Corte Costituzionale?

Quali che siano le intenzioni del Governo Letta, il mutamento della forma di Stato non è una «revisione» costituzionale, ma l’instaurazione di un nuovo ordine costituzionale nascosto dietro una formale modifica della Costituzione precedente. È il potere costituito che, in modo illegittimo, diviene potere costituente. È il colpo di Stato definitivo. Sotto le vesti della mera revisione si vorrebbe instaurare una nuova Costituzione. Sotto un’apparente continuità di ordinamenti giuridici si mira ad un sostanziale mutamento del regime politico.

È davvero un peccato che la nostra Costituzione non preveda, come quella tedesca (art. 20), il diritto di resistenza, da parte di ciascun cittadino, «contro chiunque si appresti a sopprimere il regime costituzionale vigente, se non sia possibile alcun altro rimedio». Noi non abbiamo questo diritto a cui appellarci. Abbiamo, però, un MoVimento che, compatto più che mai, sta cercando di bloccare il tentativo in atto di scardinare l’ordine democratico del Paese.
Come mai questa svolta autoritaria? La risposta anche in questo caso è semplice. Perché ce lo impongono le direttive della finanza mondiale. È apparso di recente un documento della J.P. Morgan, in cui si legge: “le costituzioni europee, nate dall’esperienza della lotta al fascismo, mostrano una forte influenza delle idee socialiste“. Liberatevi delle vostre costituzioni, ci chiede il grande colosso finanziario americano: ci sono troppe tutele dei diritti dei lavoratori, troppa «licenza di protestare».

La linea dettata dall’oligarchia finanziaria internazionale è chiara e il Governo Letta la sta applicando alla lettera, sbarazzandosi della nostra Costituzione antifascista e democratica. La crisi bisogna farla pagare ai lavoratori diminuendo i loro salari e togliendo loro persino la possibilità di protestare. C ‘è da augurarsi che la condanna di Berlusconi condanni al fallimento anche questo attacco alla Costituzione.

giovedì 8 agosto 2013

1992-2012 - "Guerra Finanziaria" all'Italia


Grillo dal blog lancia il sondaggio: “Chi comanda in Italia?”

Il leader del Movimento 5 Stelle dal suo blog chiede ai cittadini chi, secondo loro, ha davvero potere in Italia. Tra le opzioni: Francia, Germania, criminalità organizzata, Banca Centrale Europea


La Francia, la Germania o la criminalità organizzata? Beppe Grillo dal blog lancia un sondaggio dal titolo: “chi ci comanda?“. Tredici le risposte possibili (la quattordicesima è aperta) da votare, e nel frattempo prende spunto per attaccare politica estera, economica ed industriali degli ultimi anni. “La politica economica la detta la Germania, la politica estera gli Stati Uniti che ci usano come portaerei nel Mediterraneo, la politica industriale la Francia”, scrive il comico. “La politica di bilancio la impone la BCE. In ogni caso, non comanda il Parlamento, ma neanche Capitan Findus Letta” e soprattutto “non comandano gli elettori”. Dopo aver puntano il dito contro Vaticano, mafia e massoneria, Grillo lascia la parola ai lettori del suo blog.

Il comico passa in rassegna tutte le opzioni, sottolineando come, secondo lui, non siano mai i cittadini ad avere veramente potere: “Allora è il popolo che comanda? Gli elettori? Neppure per sogno. I referendum (solo abrogativi) non vengono rispettati come per l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti e le leggi di iniziativa popolare non sono neppure discusse, come per Parlamento Pulito. Se Parlamento, Governo e elettori non comandano, chi comanda in questo Paese? Non comandano le piccole e medie imprese che non hanno alcuna voce in capitolo pur tenendo in piedi il Paese. E neppure i contribuenti, trattati come pezze da piedi, pagano le tasse più alte d’Europa per servizi e sprechi indecenti. Non comandano le nuove generazioni che non hanno futuro e emigrano con lo zainetto in spalla, come una volta i nostri vecchi con le valige di cartone. La massoneria è ovunque, è vero, ma più che comandare si infiltra”.

E continua: “La criminalità organizzata si è internazionalizzata e l’Italia è un mercato in contrazione, marginale. La burocrazia, che in apparenza comanda, è in realtà un automa impazzito, senza controllo. Chi comanda allora in questo Paese?”. La risposta al sondaggio per Grillo è semplice: “Se non comandiamo noi allora devono comandare gli altri, tutti insieme e ognuno per la parte che gli interessa. La politica economica la detta la Germania, la politica estera gli Stati Uniti che ci usano come portaerei nel Mediterraneo, la politica industriale la Francia (e non solo). La politica sociale la imposta, spesso con leggi incomprensibili, la UE. La politica di bilancio la impone la BCE. L’indirizzo morale e religioso il Vaticano”, sottolinea Grillo.

E chiude rispolverando gli slogan della Lega Nord che parlava di “Padroni a casa nostra”, sbagliando completamente le previsioni secondo Grillo: “Va beh, direte, e noi quando c…o comandiamo?. Almeno in casa nostra, dopo averla pagata con decenni di mutuo? Neppure lì si è al sicuro. Un esproprio da parte di Equitalia è sempre possibile se non hai pagato quella multa di qualche anno fa di cui ti sei dimenticato o a causa una dichiarazione dei redditi incompleta del commercialista. ‘Padroni a casa nostra!’, diceva un tempo un partito ormai estinto. Mai profezia fu più fallace. Per te chi comanda in Italia? Rispondi al sondaggio!”.

BLOCCATO ACCOUNT IMPOSIMATO, NON SMETTERO' DI COMUNICARE

(AGENPARL) - Roma, 07 ago - Riceviamo e pubblichiamo la lettera del giudice Fernando Imposimato nella quale denuncia alla nostra agenzia il blocco del suo account Facebook definendolo un "sabotaggio" da parte di chi vorrebbe che tacesse.
Il Magistrato si è occupato nel corso della sua carriera della lotta alla mafia, alla camorra e al terrorismo: è stato il giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro del 1978, l'attentato al papa Giovanni Paolo II del 1981, l'omicidio del vicepresidente delConsiglio Superiore della Magistratura Vittorio Bachelet e dei giudici Riccardo Palmae Girolamo Tartaglione. Attualmente si occupa della difesa dei diritti umani. 

[LETTERA]

Gentile Direttore, 
La informo che  "ignoti" hanno da tre giorni, bloccato il mio account Facebook e quello dell'ingegnere Niccolò Disperati , mio amministratore su facebook . Credo si tratti di un attacco doloso  da parte  di chi vuole  farmi tacere.  Ma io continuerò a  parlare  e a  dialogare  con i giovani e i lavoratori, ai quali va il mio pensiero solidale e amichevole.
Per questo mi scuso  con i miei amici di facebook - oltre 22.000,- poichè  sono nella impossibilità  di comunicare con  loro,    e di formulare le mie valutazioni sull'azione del Governo , sulle priorità  da rispettare e sul pericolo gravissimo di stravolgimento della Costituzione, che sta avvenendo nella  indifferenza  generale, come oggi ha ricordato il costituzionalista Alessandro Pace . Ricordo che Aristotele  scrisse, nel 450 AC,   che "occorre difendere la Costituzione, standole vicino".  E   aggiunse "quelli che si danno pensiero della Costituzione  devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini siano in guardia e non allentino la  vigilanza  intorno alla Costituzione". Questo pensiero è di una attualità impressinante. Avevo cominciato a creare allarme, ma è quello che mi è stato impedito di fare.

Avrei anche voluto esprimere il mio consenso alla iniziativa di istituire  una commissione di inchiesta sul caso Moro , che ha come primi firmatari gli onorevoli Giuseppe Fioroni e Gero Grassi, e porta anche la firma dei capigruppo del Pd Speranza, Pdl Brunetta, Sel Migliore, Scelta Civica Dellai, Fratelli d'Italia Meloni, Centro Democratico Pisicchio, del vicecapogruppo della Lega nord Pini, e poi di Bersani, Bindi, Fitto, Cesa, Tabacci, Cecconi e da altri novanta deputati in rappresentanza di tutti i gruppi.. Si tratta di indagare sulle gravi omissioni denunziate  da parte di militari  che avrebbero dovuto partecipare all'intervento in via Montalcini previsto per il giorno 8 maggio 1978, alla  presenza nell'appartamento sovrastante la prigione di uomini di Gladio e dei servizi segreti inglesi (SAS) e tedeschi. sull'ordine che sarebbe stato dato per annulare il blitz, fortemente voluto dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sul comitato di crisi di cui faceva parte anche un uomo del dipartimento di Stato USA, Steve Pieczenik , sul ruolo della P2  e dei generali Santovito, Maletti e Musumeci che ne facevano parte, tutte circostanze tenute nascoste ai magistrati che indagavano sulla strage di via Fani , che vide il sacrificio dei Carabinieri  Oreste Leonardi e Domenico Ricci e degli agenti Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, sulla scoperta, da parte di agenti dell'UCIGOS, della prigione di Moro in via Montalcini, tenuta segreta ai magistrati che indagavano, come vennero tenuto nascosti anche i documenti dei commponenti del comitato di crisi.
Grazie per la ospitalità Ferdinando Imposimato

martedì 6 agosto 2013

Il motivo per cui Hitler andava distrutto

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Non siamo stati così sciocchi da creare una valuta collegata all’oro, di cui non abbiamo disponibilità,
ma per ogni marco stampato abbiamo richiesto l’equivalente di un marco in lavoro o in beni prodotti.
Ci viene da ridere tutte le volte che i nostri finanzieri nazionali sostengono che il valore della valuta
deve essere regolato dall’oro o da beni conservati nei forzieri della banca di stato
“.
(Adolf Hitler, citato in Hitler’s Monetary System, www.rense.com, che riprende C.C.Veith, Citadels of Chaos, Meador, 1949).

Quello di Guernsey (politico del Minnesota, ndr), non fu dunque l’unico governo a risolvere i propri problemi infrastrutturali stampando da solo la propria moneta. Un modello assai più noto si può trovarlo nella Germania uscita dalla Prima Guerra Mondiale. Quando Hitler arrivò al potere, il Paese era completamente, disperatamente, in rovina.

Il Trattato di Versailles aveva imposto al popolo tedesco risarcimenti che lo avevano distrutto, con i quali si intendeva rimborsare i costi sostenuti nella partecipazione alla guerra per tutti i Paesi belligeranti. Costi che ammontavano al triplo del valore di tutte le proprietà esistenti nella Germania. La speculazione sul marco tedesco aveva provocato il suo crollo, affrettando l’evento di uno dei fenomeni d’inflazione più rovinosi della modernità. Al suo apice, una carriola piena di banconote, per l’equivalente di 100 miliardi di marchi, non bastava a comprare nemmeno un tozzo di pane. Le casse dello Stato erano vuote ed enormi quantità di case e di fattorie erano state sequestrate dalle banche e dagli speculatori. La gente viveva nelle baracche e moriva di fame. Nulla di simile era mai accaduto in precedenza: la totale distruzione di una moneta nazionale, che aveva spazzato via i risparmi della gente, le loro attività e l’economia in generale. A peggiorare le cose arrivò, alla fine del decennio, la depressione globale. La Germania non poteva far altro che soccombere alla schiavitù del debito e agli strozzini internazionali. O almeno così sembrava.

Hitler e i Nazional-Socialisti, che arrivarono al potere nel 1933, si opposero al cartello delle banche internazionali iniziando a stampare la propria moneta. In questo presero esempio da Abraham Lincoln, che aveva finanziato la Guerra Civile Americana con banconote stampate dallo Stato, che venivano chiamate “Greenbacks“. Hitler iniziò il suo programma di credito nazionale elaborando un piano di lavori pubblici. I progetti destinati a essere finanziati comprendevano le infrastrutture contro gli allagamenti, la ristrutturazione di edifici pubblici e case private e la costruzione di nuovi edifici, strade, ponti, canali e strutture portuali. Il costo di tutti questi progetti fu fissato a un miliardo di di unità della valuta nazionale. Un miliardo di biglietti di cambio non inflazionati, chiamati Certificati Lavorativi del Tesoro. Questa moneta stampata dal governo non aveva come riferimento l’oro, ma tutto ciò che possedeva un valore concreto. Essenzialmente si trattava di una ricevuta rilasciata in cambio del lavoro e delle opere che venivano consegnate al governo. Hitler diceva: “Per ogni marco che viene stampato, noi abbiamo richiesto l’equivalente di un marco di lavoro svolto o di beni prodotti“. I lavoratori spendevano poi i certificati in altri beni e servizi, creando lavoro per altre persone.

Nell’arco di due anni, il problema della disoccupazione era stato risolto e il Paese si era rimesso in piedi. Possedeva una valuta solida e stabile, niente debito, niente inflazione, in un momento in cui negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali erano ancora senza lavoro e vivevano di assistenza. La Germania riuscì anche a ripristinare i suoi commerci con l’estero, nonostante le banche estere negassero credito e dovesse fronteggiare un boicottaggio economico internazionale. Ci riuscì utilizzando il sistema del baratto: beni e servizi venivano scambiati direttamente con gli altri paesi, aggirando le banche internazionali. Questo sistema di scambio diretto avveniva senza creare debito nè deficit commerciale. L’esperimento economico della Germania lasciò alcuni durevoli monumenti al suo processo, come la famosa Autobahn, la prima rete del mondo di autostrade a larga estensione.

Di Hjalmar Schacht, che era all’epoca a capo della banca centrale tedesca, viene spesso citato un motto che riassume la versione tedesca del miracolo del “Greenback”. Un banchiere americano gli aveva detto: “Dottor Schacht, lei dovrebbe venire in America. Lì abbiamo un sacco di denaro ed è questo il vero modo di gestire un sistema bancario“. Schacht replicò: “Lei dovrebbe venire a Berlino. Lì non abbiamo denaro. E’ questo il vero modo di gestire un sistema bancario” (John Weitz, Hitler’s Banker Warner Books, 1999).

Benchè Hitler sia citato con infamia nei libri di storia, egli fu popolare presso il popolo tedesco. Stephen Zarlenga, in The Lost Science of Money, afferma che ciò era dovuto al fatto che egli salvò la Germania dalle teorie economiche inglesi. Le teorie secondo le quali il denaro deve essere scambiato sulla base delle riserve aurifere in possesso di un cartello di banche private piuttosto che stampato direttamente dal governo. Secondo il ricercatore canadese Henry Makow, questo fu probabilmente il motivo principale per cui Hitler doveva essere fermato; egli era riuscito a scavalcare i banchieri internazionali e creare una propria moneta. Makow cita un interrogatorio del 1938 di C.G. Rakowsky, uno dei fondatori del bolscevismo sovietico e intimo di Trotzky, che finì sotto processo nell’URSS di Stalin. Secondo Rakowsky, “[Hitler] si era impadronito del privilegio di fabbricare il denaro, e non solo il denaro fisico, ma anche quello finanziario; si era impadronito dell’intoccabile meccanismo della falsificazione e lo aveva messo a lavoro per il bene dello Stato. Se questa situazione fosse arrivata a infettare anche altri Stati, potete ben immaginare le implicazioni controrivoluzionarie” (Henry Makow, “Hitler Did Not Want War”, www.savethemales.com).

L’economista inglese Henry C.K. Liu ha scritto sull’incredibile trasformazione tedesca: “I nazisti arrivarono al potere in Germania nel 1933, in un momento in cui l’economia era al collasso totale, con rovinosi obblighi di risarcimento postbellico e zero prospettive per il credito e gli investimenti stranieri. Eppure, attraverso una politica di sovranità monetaria indipendente e un programma di lavori pubblici che garantiva la piena occupazione, il Terzo Reich riuscì a trasformare una Germania in bancarotta, privata perfino di colonie da poter sfruttare, nell’economia più forte d’Europa, in soli quattro anni, ancor prima che iniziassero le spese per gli armamenti“. In Billions for the Bankers, Debts for the People (Miliardi per le Banche, Debito per i Popoli, 1984), Sheldon Hemry commenta: “Dal 1935 in poi, la Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi, ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni belliche, dal 1935 al 1945, senza aver bisogno di oro nè debito, e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri“.

L’IPERINFLAZIONE DI WEIMAR
Nei testi moderni si parla della disastrosa inflazione che colpì nel 1923 la Repubblica di Weimar (nome con cui è conosciuta la repubblica che governò la Germania dal 1919 al 1933). La radicale svalutazione del marco tedesco è citata nei testi come esempio di ciò che può accadere quando ai governi viene conferito il potere incontrollato di stampare da soli la propria moneta. Questo è il motivo per cui viene citata, ma nel complesso mondo dell’economia le cose non sono come sembrano. La crisi finanziaria di Weimar ebbe inizio con gli impossibili obblighi di risarcimento imposti dal Trattato di Versailles.

Schacht, che all’epoca era il responsabile della zecca della repubblica, si lamentava: “Il Trattato di Versailles è un ingegnoso sistema di provvedimenti che hanno per fine la distruzione economica della Germania. Il Reich non è riuscito a trovare un sistema per tenersi a galla diverso dall’espediente inflazionistico di continuare a stampare banconote“. Questo era quello che egli dichiarava all’inizio. Ma Zarlenga scrive che Schacht, nel suo libro del 1967 The Magic of Money, decise “di tarar fuori la verità, scrivendo in lingua tedesca alcune notevoli rivelazioni che fanno a pezzi la saggezza comune propagandata dalla comunità finanziaria riguardo all’iperinflazione tedesca“. Schacht rivelò che era la Banca del Reich, posseduta da privati, e non il governo tedesco che pompava nuova valuta all’economia. Nel meccanismo finanziario conosciuto come vendita a breve termine, gli speculatori prendono in prestito qualcosa che non possiedono, la vendono e poi “coprono” le spese ricomprandola a prezzo inferiore. La speculazione sul marco tedesco fu resa possibile dal fatto che la Banca del Reich rendeva disponibili massicce quantità di denaro liquido per i prestiti, marchi che venivano creati dal nulla annotando entrate sui registri bancari e poi prestati ad interessi vantaggiosi.

Quando la Banca del Reich non riuscì più a far fronte alla vorace richiesta di marchi, ad altre banche private fu permesso di crearli dal nulla e di prestarli, a loro volta, a interesse. Secondo Schacht, quindi, non solo non fu il governo a provocare l’iperinflazione di Weimar, ma fu proprio il governo che la tenne sotto controllo. Alla Banca del Reich furono imposti severi regolamenti governativi e vennero prese immediate misure correttive per bloccare le speculazioni straniere, eliminando la possibilità di facile accesso ai prestiti del denaro fabbricato dalle banche. Hitler poi rimise in sesto il paese con i suoi Certificati del Tesoro, stampati dal governo su modello del Greenback americano. Schacht disapprovava l’emissione di moneta da parte del governo e fu rimosso dal suo incarico alla Banca del Reich quando si rifiutò di sostenerlo (cosa che probabilmente lo salvò dal processo di Norimberga). Ma nelle sue memorie più tarde, egli dovette riconoscere che consentire al governo di stampare la moneta di cui aveva bisogno non aveva prodotto affatto l’inflazione prevista dalla teoria economica classica. Teorizzò che essa fosse dovuta al fatto che le fattorie erano ancora inoperose e la gente senza lavoro. In questo si trovò d’accordo con John Maynard Keynes: quando le risorse per incrementare la produzione furono disponibili, aggiungere liquidità all’economia non provocò affatto l’aumento dei prezzi; provocò invece la crescita dei beni e di servizi. Offerta e domanda crebbero di pari passo, lasciando i prezzi inalterati.
(da Webofdebt)