lunedì 17 settembre 2012

Brianza, Sul tir con la frutta arrivavano le armi per la ‘ndrangheta

Trasportava armi in Calabria destinate alle guerre di ’ndrangheta. Nella sua piazzola lungo la Valassina, dove di giorno vendeva frutta e dolci calabresi e di sera bevande e panini, incontrava i suoi «compari» per discutere di strategie di ’ndrangheta. Smerciava partite di droga. Accompagnava i «pezzi grossi» del clan Cristello ai summit in Calabria e Lombardia.
Nella mappa della ’ndrangheta brianzola era personaggio di notevole interesse Tonino Staropoli, 45 anni, originario di Mileto in provincia di Vibo Valentia (Calabria) ma trapiantato a Cesano Maderno, piccole condanne per falsa testimonianza e minaccia alle spalle. I carabinieri lo hanno arrestato martedì scorso, assieme ad altre 36 persone, al culmine dell’operazione «Ulisse», l’ultima infornata di ordinanze di custodia cautelare scaturite dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano.
I carabinieri lo hanno rintracciato nei pressi di Roma, dove aveva appena ritirato da un venditore all’ingrosso la frutta che avrebbe venduto successivamente in Brianza lungo la Valassina. Tonino Staropoli era però già finito, almeno dalle nostre parti, al centro delle attenzioni della Polizia provinciale. Un anno e mezzo fa, infatti, gli uomini del comandante Flavio Zanardo avevano messo sotto sequestro l’area di via Briantina, al confine fra Carate e Seregno, che Staropoli si era preso con la forza per esercitare la propria attività.
Un terreno agricolo di 5mila metri quadrati, di proprietà in realtà di due monzesi, che Staropoli aveva fatto abusivamente asfaltare e dove aveva posizionato i suoi mezzi camion. All’epoca del blitz della Polizia provinciale, a cui avevano preso parte anche carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia locale di Carate Brianza, Staropoli era stato denunciato a piede libero oltre che per l’abuso edilizio anche per la violazione del testo unico ambientale per la gestione dei rifiuti, visto che nell’area era stato ricavato un deposito per i suoi tre camion e lo smaltimento illecito di rifiuti. Il presidente della Provincia Dario Allevi aveva salutato l’operazione come un mezzo per «riportare legalità e sicurezza sul nostro territorio anche grazie al monitoraggio costante dei luoghi di ritrovo notturno, spesso teatro di degrado».
Non immaginava però, forse, che dietro alle attività di Staropoli si nascondesse ben altro. Basta spulciare l’ordinanza firmata l’altro giorno dal gip Andrea Ghinetti. Tonino Staropoli, come rivelato al Procuratore aggiunto Ilda Boccassini da Antonino Belnome, l’ex padrino pentito della locale di Giussano, era un affiliato storico della locale di Seregno. In possesso della dote di «sgarro», uno dei primi gradi nell’organigramma della ’ndrangheta, Tonino Staropoli aveva rivestito in alcuni periodi addirittura la carica di capo società nella locale di Seregno. «…a circolo formato era presente parecchie volte» aveva spiegato Belnome.
«Mungi mungi» e «dottore», come era soprannominato, Staropoli era legato a doppio filo con i Cristello, prima con il boss Rocco (trucidato nel 2008), poi col resto della famiglia, di cui frequentava con assiduità il cosiddetto «giardino degli ulivi», luogo di ritrovo a Verano. Era lui la persona incaricata di accompagnare i membri del sodalizio agli appuntamenti in Calabria, e aveva partecipato in prima persona a diversi summit nei quali si discutevano le strategie della cosca. La sua piazzola della frutta, aperta fino a tardi, serviva anche come punto di ritrovo per pianificare le missioni.
Le più eclatanti riguardavano il trasporto di armi in Calabria, destinate alla cosiddetta Faida dei Boschi, la guerra che vedeva contrapposte le famiglie Sia-Vallonga e Gallace che seminò una ventina di morti nel giro di appena due anni. Armi pesanti, soprattutto, come quella «che fu usato per la casa di Stagno Emilio, quel mitragliatore, quella specie di mitragliatore» rivela Belnome, perché «si tengono armi più piccole al nord, queste (le armi ingombranti, ndr) vanno più che altro in Calabria…».

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