È appena calato il sipario sull’ennesima carnevalata renziana alla
Stazione Leopolda di Firenze, evento su cui sono stati puntati per due
giorni tutti i riflettori dei media di regime, e si pone adesso la
necessità di alcune riflessioni e considerazioni.
Viaggio spesso per motivi di lavoro e devo ammettere che mi sono
decisamente stancato, ogni volta che su un treno, su un aereo, durante
una cena o una conferenza, quando mi capita di fare conversazione con
qualcuno ed emerge il fatto che sono di Firenze, mi vengano sempre
rivolte le stesse raccapriccianti domande o le stesse esclamazioni. Vale
a dire: “Come è fortunato lei a vivere in una città amministrata da
Renzi!”; “Ha avuto modo di incontrarlo?”; “Ah, Firenze, la città di
Renzi!”, e così via…
Un tempo Firenze era conosciuta per altri motivi, soprattutto per
l’Arte e la Cultura e per i capolavori del Rinascimento. A cavallo fra
gli anni ’80 e ’90 era nota soprattutto per le vicende del “mostro” (il
più gettonato argomento di conversazione di allora). Ma ho avuto modo
drammaticamente di riscontrare che oggi, per la maggior parte delle
persone con cui parlo, sia in Italia che all’estero, risulta inevitabile
associare il nome della mia città a quello di Matteo Renzi.
Mi sono di conseguenza chiesto, tentando anche di darmi delle
risposte, come sia stato possibile che un personaggio a mio avviso del
tutto insignificante, palesemente inadatto a fare un ragionamento
politico profondo e di senso compiuto, e con un volto che (almeno a me)
non ispira alcuna simpatia, in sostanza una personificazione “del nulla
che avanza”, sia diventato oggetto di un simile clamore mediatico.
Conosco Matteo Renzi, ho avuto l’occasione di parlare con lui alcune
volte, e vi assicuro che, a parte le frivolezze di circostanza sui
livelli di ozono in città durante l’estate e sui goal della Fiorentina
(a me il calcio poi neppure interessa), ogni volta che ho provato a
fargli una domanda seria sulla sua progettualità politica o
sull’economia, ha abilmente glissato e divagato, pronunciando frasi di
circostanza e guardando nervosamente l’orologio.
Certo, per carità, per Firenze, come Sindaco, qualcosa di buono lo ha
saputo fare. La città era governata da oltre vent’anni da una
disgustosa cricca di potere affaristico legato al carrozzone del vecchio
PCI (poi trasformatosi gattopardescamente in PDS, in DS e in PD) che
faceva il bello e il cattivo tempo, con conflitti di interesse di
inaudita portata e sotto lo sguardo compiaciuto e assente di una certa
magistratura politicizzata. Divenuto Sindaco, il “ragazzo” ha abilmente
decapitato questo marcio sistema di potere sostituendolo con una squadra
di boy-scout composta per lo più da suoi coetanei, magari animata da
buona volontà, ma nella pratica, da un lato troppo inesperta per
governare bene una grande città e, da un altro (fortunatamente) ancora
alle prime armi per dedicarsi a tempo pieno alle ruberie della politica.
Essendo quindi stato chiamato dal solito elettorato con il prosciutto
sugli occhi a sostituire il peggiore e più odiato Sindaco che Firenze
abbia mai avuto (quel Leonardo Domenici che, come premio per i suoi
fallimenti, è stato mandato al Parlamento Europeo), era inevitabile che
qualcosa di buono dovesse pur farlo. Ma, a parte aver evitato lo scempio
del passaggio di un tram delle dimensioni di un Eurostar da Piazza del
Duomo e aver ripavimentato alcune strade del centro, l’ex “ragazzo
prodigio” ha utilizzato sapientemente Firenze come palcoscenico per
proporsi alle masse come il volto nuovo, come una sorta di messia
destinato a cambiare l’Italia, come un nuovo ed ennesimo “salvatore
della Patria”.
In rete esistono decine di siti che hanno tentato, mediante
ragionamenti di largo respiro, di interrogarsi su chi sia realmente
Matteo Renzi e sui retroscena della sua folgorante carriera politica
che, da giovane militante dei comitati per Prodi (buono quello!) lo ha
visto divenire prima segretario provinciale del PPI e poi della
Margherita di Rutelli e di Lusi, poi, a soli 28 anni, Presidente della
Provincia di Firenze, poi Sindaco e, progressivamente, il personaggio
politico più presente in assoluto nei programmi televisivi. Quello che,
fra cene ad Arcore con il Cavaliere e incontri con Angela Markel e
Obama, attraverso il “verbo” della rottamazione e dichiarazioni
pubbliche incentrate sulla pochezza e sull’ovvietà, si sta candidando
alla guida sia del PD e di un’Italia che affonda. Ebbene, tutti questi
siti, pur facendo giuste osservazioni e ponendosi legittimi
interrogativi sui suoi rapporti con la Massoneria e con i poteri forti
della finanza internazionale, non ci danno delle risposte, non vanno
oltre il pettegolezzo o le illazioni.
A noi non interessa il pettegolezzo. Quello lo lasciamo volentieri a
Marco Travaglio e ad altri simili servi del sistema. A noi interessa che
la gente apra gli occhi sulla verità, sul grande inganno nel quale
siamo immersi fino al collo. A noi interessa constatare e far capire
quella che è ormai un’evidenza: Matteo Renzi è un massone figlio di
massoni!
Non ci interessa il fatto che magari non si trovino le prove di un
suo effettivo “tesseramento”, di una sua affiliazione a qualche loggia.
Renzi è l’espressione più diretta ed immediata di quella culturalità
massonica di cui si servono i grandi burattinai del potere occulto per
agire indisturbati ai danni della società. Questa massonicità lo investe
come individuo, come parte integrante di un contesto politico di potere
e come espressione di una cultura che è e resta prettamente massonica.
Per stessa ammissione del Maestro Venerabile del Grande Oriente
d’Italia Gustavo Raffi, fra le fila degli iscritti al PD si contano
oltre 4000 affiliati all’obbedienza di Palazzo Giustiniani (vale a dire
quasi un quinto dei tesserati del partito), la maggior parte dei quali
risultano in Toscana. E questo senza contare i tesserati che fanno capo
ad altre obbedienze massoniche diverse dal G.O.I., che sono comunque
molto forti e radicate sul territorio.
Il mondo è governato da circa 1000 grosse banche, quasi tutte sotto
il diretto controllo di potenti famiglie come i Rotschild e i
Rockfeller. La Massoneria rappresenta il loro braccio esecutivo nello
scegliere e nel selezionare quei leader politici più idonei, più
gestibili e maggiormente manovrabili che, insediatisi nei posti chiave
del potere, favoriscono gli interessi di chi realmente comanda e decide.
Matteo Renzi rientra perfettamente in questo schema, ed è il prodotto
di una abile e pianificata campagna di marketing dai toni a stelle e
strisce e dal sapore inconfondibilmente massonico. Una campagna di
marketing senza dubbio preparata già da anni, e finalizzata a lanciare
mediaticamente e politicamente un “volto nuovo” in un certo senso
predestinato ad assumere le leve del potere e a fare di conseguenza, una
volta Presidente del Consiglio, gli interessi di chi sta nella cabina
di regia.
Questa è l’idea che mi sono fatto personalmente di Matteo Renzi, un
personaggio abilmente costruito a tavolino e curato nei minimi dettagli
per quanto riguarda il look, la gestualità, il tenore e il contenuto dei
discorsi, tanto che, nonostante risulti agli occhi dei più attenti una
squallida scopiazzatura di Barak Obama, sta trovando sempre maggiori
consensi sia fra un elettorato di sinistra ormai senza bussola e senza
identità, sia fra l’elettorato di un centro-destra fiaccato da vent’anni
di Berlusconismo e di promesse non mantenute.
Non so voi, ma io in questa cabina di regia ci vedo chiaramente i
volti del Bilderberg, dei Rotschild, della grande finanza internazionale
e del Nuovo Ordine Mondiale.
Completamente d'accordo!
RispondiEliminaOra prepariamoci al deprimente spettacolo del branco di capre "drogate" e incantate che sperano nel............ NULLA.
Cioè, possibile che ancora non hanno capito il vero motivo per cui in questo paese non si va più a votare?