Eccoli.
Da questa mattina, poco dopo che la luce dal sole ha iniziato ad illuminare l’immensa città dei due continenti,
agenti antisommossa, TOMA, onde tossiche, idranti, manganelli e armi da
fuoco hanno iniziato ad avanzare per ripulire il Gezi Park, che da più
di una settimana sempra una piccolo stato a parte, liberato e
resistente.
“Fuori la polizia”, “Taksim è ovunque, la resistenza è ovunque”, “Governo: dimissioni”
chi sta resistendo in piazza dimostra tutta la sua determinazione,
quella che in questi giorni abbiamo imparato non solo per le strade di
Istanbul, ma in quelle di tutte le grandi e meno città turche: malgrado
le folli e provocatorie dichiarazioni di Tayyep Erdogan, quello che
sembra palese è che c’è una generazione che non vuole tornare a casa,
ma continuare a masticare i marciapiedi, marciando verso una libertà totalmente diversa.
La nottata nella sola città di Ankara è trascorsa con ore ed ore di scontri.
Rimanendo focalizzati su Istanbul: a Tarlabaşı ad Harbiye, a Istiklal Caddesi, la battaglia è pesantissima e la resistenza di piazza
sta rilanciando al mittente migliaia di lacrimogeni e gas urticanti,
oltre ad aver formato una catena umana (gestita dalla “Taksim
Dayanismasi) che cerca di rendere fruibile a chi vuole la fermata
metropolitana, invasa dal fumo, ma poi chiusa dal governo: la polizia da
ore cerca anche di bloccare tutti gli autobus che dalle altre zone
della città raggiungono Taksim e quell’area.
L’intenzione è isolare i manifestanti, con la stupida illusione che
questo sia possibile blindando una zona della città e rendendola
totalmente inadatta alla respirazione e alla sopravvivenza: non sarà
così che fermeranno questa rivolta.
Son loro ad essere circondati.
Da qualche minuto a questa parte si è passati massicciamente all’uso di
pallottole di gomma: dalla parte opposta oltre alla miriadi di sassi in
volo e di candelotti boomerang, un largo uso di fuochi d’artificio aiuta
a tener TOMA e celere minimamente distanti. Poveri alberi di Taksim,
completamente gasati.
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